Marco Bellocchio, in un dialogo illuminante con Alberto Barbera durante l’Italian Global Series Festival a Rimini, ha delineato la genesi e le ambizioni artistiche delle sue serie, rivelando spunti inediti su *Portobello*, l’atteso progetto su Enzo Tortora che debutterà su HBO Max nel 2026. La sua riflessione si estende a un’analisi più ampia dell’evoluzione del racconto seriale e del suo rapporto con il pubblico contemporaneo.Le sue opere, da *Esterno Notte* a *Portobello*, nascono da una profonda necessità espressiva, da una risonanza interiore che lo spinge ad affrontare temi complessi e dolorosi con una profondità inusuale. La scelta del formato seriale non è casuale; è la forma che meglio consente di esplorare la stratificazione di eventi e motivazioni intrinseche a vicende come il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro, o la drammatica vicenda giudiziaria di Enzo Tortora. Sei puntate, in entrambi i casi, si sono rivelate la cornice ideale per dare spazio a una narrazione articolata e sfaccettata.Bellocchio sottolinea come *Portobello*, interpretato da un Fabrizio Gifuni (già volto di Moro), non aspiri a un’impostazione ideologica semplicistica. Pur evitando il giudizio preconcetto, la serie intende interrogare il sistema giudiziario e le sue contraddizioni, ponendosi al di là di una visione nostalgica che, pur riscuotendo consensi in un certo pubblico, non corrisponde alla sua poetica. La sua è una visione lucida e disincantata, consapevole dei rapidi mutamenti sociali e culturali, in particolare tra le nuove generazioni. La complessità delle vicende storiche viene affrontata con una sensibilità particolare, evitando semplificazioni e cercando di restituire la verità dei personaggi, arricchita da elementi di originalità e persino di “bizzarria”.L’influenza di grandi maestri come Paolo Uccello e Velázquez è evidente nel suo approccio, che unisce rigorosa accuratezza storica a una visione personale e interpretativa. Bellocchio apprezza profondamente la collaborazione con gli attori, in particolare con Gifuni, che condivide con lui una meticolosa attenzione ai dettagli e una spiccata intelligenza creativa.Riflettendo sul futuro del suo lavoro, Bellocchio esprime il desiderio di ritornare a progetti più intimi e personali, pur riconoscendo il potenziale di approfondimento narrativo offerto dal seriale. L’ipotesi di proseguire il racconto del processo di beatificazione di Moro, proiettandolo nel presente, viene considerata affascinante, ma non esclude che sia compito di altri narratori.Nel panorama delle serie italiane contemporanee, *The Young Pope* di Sorrentino e *Dostoevskij* dei fratelli D’Innocenzo si distinguono per la loro originalità e per la capacità di sfidare la banalità dominante, qualità che Bellocchio riconosce con ammirazione, contrapponendole a produzioni seriali di successo, ma artisticamente meno significative. La sua è una ricerca incessante di un linguaggio narrativo che sappia coniugare rigore storico, profondità psicologica e un’estetica innovativa, in grado di coinvolgere e stimolare lo spettatore.