La vicenda giudiziaria che coinvolge alcuni carabinieri nell’ambito del caso Stefano Cucchi si è intensificata con una richiesta di condanna da parte della Procura di Roma, segnando un’ulteriore capitolo in una spirale di depistaggi e responsabilità istituzionali. Il pubblico ministero Giovanni Musarò, figura centrale nell’inchiesta, ha avanzato istanze di condanna nei confronti di tre militari, delineando un quadro di alterazione intenzionale della verità processuale.La richiesta più rilevante, pari a 4 anni e 2 mesi di reclusione, è rivolta a Maurizio Bertolino, all’epoca dei fatti maresciallo presso la stazione di Tor Sapienza, figura chiave nella ricostruzione degli eventi che portarono al decesso di Cucchi. L’accusa a suo carico si concentra su dichiarazioni resi durante le indagini che, a detta della Procura, hanno mirato a ostacolare l’accertamento della verità.Un altro maresciallo, Giuseppe Perri, riceve una richiesta di condanna a 3 anni e 6 mesi, accusato di aver contribuito alla creazione di una narrazione distorta, perpetuando un clima di opacità e rendendo più difficile l’emersione di elementi cruciali per la ricostruzione della dinamica.Prospero Fortunato, all’epoca capitano e comandante della sezione infortunistica e polizia giudiziaria presso il nucleo Radio Mobile di Roma, è destinatario di una richiesta di condanna a 4 anni. La sua posizione, particolarmente delicata, evidenzia come figure apicali all’interno dell’Arma dei Carabinieri possano essere state coinvolte in un sistema volto a proteggere interessi e a celare responsabilità. Fortunato ha optato per il rito abbreviato, una scelta che potrebbe portare a una riduzione della pena, ma che non inficia la gravità delle accuse mosse.Le contestazioni che pendono a loro carico spaziano dal depistaggio, inteso come attività volta a indirizzare le indagini in una direzione erronea, alla falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, un reato particolarmente grave che implica la creazione di documenti ufficiali contenenti informazioni non veritiere.Questo sviluppo processuale non solo getta luce sulle dinamiche interne all’Arma dei Carabinieri, ma solleva interrogativi profondi sulla cultura istituzionale e sui meccanismi di controllo interno. La vicenda Cucchi, infatti, rappresenta un caso emblematico di come la ricerca della verità possa essere ostacolata da una combinazione di interessi, paure e, in alcuni casi, una volontà deliberata di manipolazione. La richiesta di condanna avanzata dalla Procura segna un passo avanti verso la giustizia, ma lascia aperta la questione di quanto sia profondo il sistema di responsabilità che si cela dietro questo tragico evento e quali misure siano necessarie per garantire che simili errori non si ripetano in futuro.
Carabinieri e Cucchi: la Procura chiede condanne per depistaggio
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