La situazione carceraria sarda, come emerge dai recenti dati statistici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, rivela un quadro complesso e in evoluzione, che va oltre la mera constatazione di un potenziale sovraffollamento. Sebbene a livello generale i numeri possano non indicare un’emergenza generalizzata, un’analisi più approfondita evidenzia criticità significative che investono specifiche strutture e sollevano interrogativi sul funzionamento del sistema penitenziario regionale.Il fenomeno dell’aumento progressivo della popolazione detenuta, amplificato dalle recenti ondate di calore che mettono a dura prova sia i ristretti che il personale operativo, spinge a una riflessione urgente sulle capacità di accoglienza e di gestione delle carceri sarde. Le case circondariali di Cagliari-Uta e Sassari-Bancali, in particolare, mostrano un rapporto tra posti disponibili e detenuti presenti che supera i limiti di sostenibilità, con conseguenze tangibili sulla qualità della vita all’interno degli istituti e sulla capacità di garantire programmi di riabilitazione efficaci. La situazione di Tempio Nuchis, unitamente al carcere storico di Lanusei, appare particolarmente problematica, con una saturazione che ne compromette la funzionalità.Il dato relativo alle cosiddette colonie penali, con 326 detenuti su una capienza di 598, sebbene non rappresenti una crisi immediata, segnala la necessità di una pianificazione strategica e di investimenti mirati. Le restrizioni all’accesso al lavoro nelle strutture aperti e la complessità nell’attivazione di tutti i padiglioni richiedono un intervento legislativo che superi le attuali limitazioni, garantendo flessibilità e autonomia ai direttori degli istituti e al provveditore regionale. Il contributo dei detenuti stranieri, quantificabile in 595 individui su un totale di 2.309 presenze (25,7%), offre una prospettiva ulteriore, richiamando l’attenzione sulle sfide specifiche legate all’integrazione e all’assistenza a una popolazione carceraria eterogenea.La prospettiva di un miglioramento passa attraverso un approccio multidimensionale che integri investimenti infrastrutturali, revisioni normative e politiche di accesso più inclusive. Il coinvolgimento del Ministero delle Infrastrutture è fondamentale per rendere le colonie penali ambienti di detenzione più “ospitali” e a misura d’uomo. Ampliare i criteri di accesso alla misura delle colonie penali, incrementando il numero di anni residui da scontare da 6 ad almeno 8/10 anni, unitamente a una valutazione più attenta delle condizioni di salute dei detenuti, rappresenterebbe un passo significativo verso un sistema penitenziario più equo e orientato alla riabilitazione, capace di rispondere efficacemente alle esigenze di una società complessa e in continua evoluzione. È necessario superare l’approccio emergenziale per abbracciare una visione a lungo termine che ponga al centro il rispetto della dignità umana e la promozione della reintegrazione sociale.
Carceri sarde: sovraffollamento, ondate di calore e criticità emergenti.
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