Il processo “Artemisia”, conclusosi con la sentenza di primo grado presso il tribunale di Trapani, ha segnato una tappa significativa nell’esplorazione di dinamiche di potere e corruzione che hanno intessuto la trama politica e amministrativa del Trapanese. L’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto ha ricevuto una condanna a dodici anni, ritenuto figura centrale di un sistema complesso di favoritismi, clientelismo e affari opachi. L’inchiesta, inizialmente caratterizzata dall’ipotesi di un’associazione massonica occulta denominata Loggia Hypsas, si è rivelata, alla luce delle decisioni giudiziarie, priva di fondamento in termini di finalità illecite, pur evidenziando, in maniera indiretta, alcune dinamiche di influenza e connessioni sociali che meritano ulteriori approfondimenti.L’operazione, orchestrata dai Carabinieri, mirava a svelare una rete di relazioni tra esponenti politici, funzionari pubblici e imprenditori, con l’obiettivo di condizionare il processo decisionale a livello locale. La figura di Paolo Genco, presidente dell’ente di formazione professionale Anfe, ha ricevuto una pena severa di otto anni di reclusione, sottolineando l’importanza attribuita al suo ruolo all’interno della presunta rete. Altri esponenti del panorama politico e istituzionale hanno ricevuto condanne variabili tra i quattro e i sette anni, configurando un quadro di responsabilità diffuse. Giuseppe Angileri, Salvatore Passanante, Salvatore Virgilio e Vincenzo Giammarinaro si sono visti infliggere sei anni di reclusione, mentre Salvatore Giacobbe e Rosario Orlando, sette. Isidoro Calcara ha ricevuto una pena di quattro anni.In un contesto giuridico complesso, sei imputati sono stati assolti, tra cui l’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante, il commercialista Gaspare Magro, Luciano Perricone e Tommaso Geraci. La decisione del collegio giudicante, presieduto dal giudice Franco Messina, ha evidenziato come molte delle accuse più gravi, relative a presunte interferenze nelle elezioni comunali e nelle nomine di incarichi pubblici, non siano state ritenute provate al di là di ogni ragionevole dubbio.Il fulcro del procedimento si è concentrato sulle presunte relazioni di scambio di favori e di accesso a informazioni riservate tra Giovanni Lo Sciuto e alcuni membri delle forze dell’ordine, con conseguenti benefici economici e assunzioni. Questa dinamica, sebbene non sufficiente a sostenere tutte le accuse originariamente formulate, ha rappresentato un elemento chiave nella ricostruzione del quadro accusatorio. Le difese hanno prontamente annunciato l’intenzione di presentare appello, mentre la Procura della Repubblica si è riservata di valutare eventuali azioni di impugnazione dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza. Il caso Artemisia, lungi dall’essere chiuso, apre ora una fase di riflessione più ampia sulle modalità di gestione del potere locale e sulla necessità di rafforzare i controlli e la trasparenza nell’amministrazione pubblica.
Caso Artemisia: Condanne e Assoluzioni a Trapani, tra Potere e Corruzione
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