La recente vicenda giudiziaria che ha visto Alberto Stasi, condannato in appello per l’omicidio di Chiara Poggi, ha riacceso un acceso dibattito sul principio di ragionevolezza e sulla coerenza del sistema giudiziario italiano. Le parole del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che escludono a priori un commento sulle dinamiche processuali in corso, sollevano però interrogativi fondamentali sull’applicazione del diritto e sulla tutela dei diritti fondamentali dell’imputato.La questione centrale ruota attorno alla peculiarità del nostro ordinamento, che impone la condanna solo al di là di ogni ragionevole dubbio. Questo principio, cardine del giusto processo, implica che la certezza della colpevolezza debba essere granitica, tale da escludere qualsiasi residuo dubbio nella mente del giudice. Se, dunque, una pronuncia di assoluzione è stata emessa, ancorché da un singolo giudice o da un collegio, significa che il convincimento della colpevolezza non era sufficientemente robusto. Come, dunque, poter derogare a questa valutazione precedente, ribaltandola con una sentenza di condanna senza una revisione completa e puntuale del processo originario?Il Ministero, attraverso il Ministro Nordio, ha tentato una riforma in tal senso, ma l’iniziativa si è rivelata incompleta, lasciando aperte numerose criticità. La necessità di un’azione riformatrice più incisiva è evidente: il sistema attuale rischia di compromettere la credibilità della magistratura e di minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni giudiziarie. Il rischio è quello di un’applicazione del diritto percepita come arbitraria e priva di logica, in cui decisioni precedentemente assunte possono essere contraddette senza un’adeguata giustificazione procedurale.La vicenda di Garlasco, e in particolare il caso Stasi, costituisce un campanello d’allarme. Non si tratta di una mera questione giuridica, ma di un problema che tocca la sostanza del diritto di difesa e del principio di legalità. Un sistema giudiziario che non garantisce la prevedibilità delle decisioni e la coerenza delle valutazioni rischia di trasformarsi in un arbitrio, negando all’imputato la possibilità di preparare una difesa adeguata e di contestare le accuse mosse a suo carico. La necessità di una profonda riflessione e di un intervento legislativo mirato è pressante, al fine di ripristinare un equilibrio tra l’esigenza di accertare la verità e la garanzia di un giusto processo per ogni cittadino.
Caso Stasi: tra ragionevolezza, giustizia e riforma del processo
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