Il procuratore generale del Messico, Alejandro Gertz, ha sollevato un acceso dibattito e nuove accuse nei confronti delle autorità statunitensi, denunciando una presunta omissione nel perseguire Julio César Chávez Jr. nonostante la piena consapevolezza di un mandato di arresto pendente nei suoi confronti dal 2023. La vicenda, che trascende la semplice questione di una latitanza, getta luce su complesse dinamiche di cooperazione giudiziaria internazionale e potenziali vulnerabilità nel sistema di controllo delle frontiere.Secondo quanto dichiarato da Gertz in una conferenza stampa, l’atteggiamento delle autorità statunitensi ha permesso a Chávez Jr. di eludere le misure legali messicane, consentendogli di risiedere liberamente negli Stati Uniti sotto visto turistico. La denuncia si basa sulla constatazione che il pugile, consapevole del mandato di arresto, è stato in grado di stabilirsi, contrarre matrimonio e svolgere le proprie attività all’interno del territorio statunitense, mentre le richieste di estradizione o di collaborazione da parte delle autorità messicane sono rimaste apparentemente inascoltate.La situazione evidenzia una potenziale discrepanza tra gli obblighi di cooperazione giudiziaria tra i due Paesi e le azioni effettive intraprese. Sebbene il mandato di cattura fosse noto, Chávez Jr. ha goduto di una protezione *de facto*, sollevando interrogativi sulla verifica dei controlli di ingresso e sulle procedure di esecuzione dei mandati internazionali.Gli avvocati del pugile, anticipando le difficoltà incontrate, avrebbero presentato ben cinque istanze cautelari ai tribunali messicani, tentando di bloccare l’eventuale detenzione qualora Chávez Jr. avesse fatto ritorno nel Paese. Queste azioni legali, a loro volta, rivelano la prevedibilità della situazione e la strategia adottata per eludere l’applicazione della legge.L’accusa di Gertz non si limita a una semplice critica procedurale, ma suggerisce una potenziale responsabilità delle autorità statunitensi nel favorire l’elusione della giustizia. La vicenda apre un ampio spazio di riflessione sui meccanismi di cooperazione internazionale in materia penale, sull’importanza della trasparenza nelle procedure di estradizione e sulla necessità di rafforzare i controlli alle frontiere per garantire l’effettiva applicazione della legge, indipendentemente dalla nazionalità del soggetto coinvolto. La questione solleva interrogativi cruciali sulla sovranità nazionale, sull’applicazione dei trattati internazionali e sulla tutela del diritto alla giustizia.