Un’operazione di ampio respiro, orchestrata dalla Guardia di Finanza di Messina, ha portato alla confisca di beni per un valore complessivo di trenta milioni di euro, colpendo due professionisti del diritto, Andrea Lo Castro e Francesco Bagnato. Il provvedimento, emesso dalla sezione specializzata in misure di prevenzione del Tribunale di Messina, segna un ulteriore tassello nella lotta contro la criminalità organizzata, evidenziando come l’infiltrazione mafiosa possa sfruttare le competenze legali per perpetrare reati finanziari complessi e depauperare il patrimonio pubblico.Andrea Lo Castro, attualmente in affidamento in prova ai servizi sociali, e Francesco Bagnato, originario della provincia di Vibo Valentia ma operante nel comprensorio peloritano, sono finiti nel mirino delle autorità a seguito di indagini approfondite che ne hanno delineato un profilo di pericolosità sociale particolarmente elevato. Le evidenze raccolte durante l’indagine “Beta”, risalente al 2013 e condotta dalla Procura di Messina, hanno rivelato il concorso esterno in associazione mafiosa, in virtù del contributo fornito da Lo Castro a una consorteria strettamente legata al clan Santapaola Ercolano. Questo ruolo di supporto legale, un elemento pernicioso che la mafia sfrutta per consolidare il proprio potere, ha costituito la base per le successive indagini.Il quadro si è poi ampliato significativamente con l’operazione “Default” del 2019. Quest’ultima inchiesta ha disvelato un’associazione a delinquere strutturata attorno a un gruppo di professionisti, tra cui i due legali destinatari del provvedimento, con l’obiettivo di commettere una serie di crimini contro il patrimonio. Tra questi, spiccano la bancarotta fraudolenta, la sottrazione ingannevole di risorse destinate al pagamento delle imposte, il riciclaggio di capitali illeciti, sia in forma diretta che indiretta, la falsificazione di documenti pubblici, e l’appropriazione indebita di fondi.La confisca patrimoniale, un potente strumento di prevenzione della criminalità, ha interessato un ampio ventaglio di asset finanziari e immobiliari. In particolare, sono stati sequestrati sette complessi aziendali comprensivi dei relativi beni patrimoniali, una partecipazione al capitale sociale di una società, una polizza assicurativa, un conto corrente bancario, ben 49 beni immobiliari di vario tipo, un motociclo di lusso, e, in una circostanza particolarmente significativa, un prestigioso podere nobiliare toscano, un tempo appartenuto alla famiglia Chigi, simbolo di ricchezza e storia. Questo provvedimento non solo colpisce direttamente i due legali, ma invia un messaggio chiaro alla criminalità organizzata: l’utilizzo del diritto per perpetrare attività illecite non resterà impunito e sarà contrastato con la massima determinazione, recuperando risorse sottratte alla collettività e restituendole al bene comune. L’operazione sottolinea l’importanza di un controllo rigoroso sull’attività dei professionisti legali, soprattutto in aree con una forte presenza mafiosa, per scongiurare il rischio di complicità e favoritismi.
Confisca da 30 milioni: legali nel mirino della Guardia di Finanza
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