venerdì, 27 Giugno 2025
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Crisi del Grano in Toscana: Abbandono, Diversificazione e Contratti di Filiera

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La campagna di trebbiatura del grano in Toscana, un tempo simbolo di tradizione e autosufficienza alimentare, si confronta oggi con un quadro allarmante. In meno di due decenni, la superficie coltivata a grano duro ha subito un drammatico ridimensionamento, precipitando da oltre 96.000 ettari nel 96 a soli 43.000 ettari nel 2024, una contrazione che riflette una profonda crisi strutturale del settore cerealicolo regionale.Questo declino, quantificato in una perdita del -10% delle aree dedicate al grano duro, è controbilanciato, seppur parzialmente, da una crescente attenzione verso colture alternative, spinte da contratti di filiera innovativi. L’incentivo alla coltivazione di farro, favino, frumento tenero, girasole per la produzione di biodiesel e orzo per la fiorente filiera della birra artigianale ha generato un aumento del +30% rispetto al 2024, segnalando un tentativo di diversificazione agricola. Si assiste, inoltre, alla riscoperta e valorizzazione di antichi cereali come il Senatore Cappelli, di legumi, di girasole energetico, di lino da fibra tessile e di luppolo, alimentando un ecosistema agricolo più complesso e resiliente.La crisi del grano, come sottolinea la presidente di Coldiretti Toscana, Letizia Cesani, è figlia di una semplice, ma ineluttabile, equazione: i costi di produzione superano i ricavi. La volatilità dei prezzi internazionali, aggravata da fattori geopolitici e climatici, rende impraticabile per molte aziende agricole raggiungere il punto di pareggio. Paradossalmente, in un paese come l’Italia, dove la pasta è un alimento fondamentale, la coltivazione del grano subisce un progressivo abbandono.Un dato particolarmente preoccupante è l’aumento delle importazioni di grano canadese, spesso trattato con glifosato, un erbicida classificato come cancerogeno. Questo fenomeno, oltre a sollevare questioni di salute pubblica, mette in discussione la sovranità alimentare del paese e la sostenibilità del modello agricolo dominante. L’abbandono dei terreni e la chiusura di aziende agricole diventano conseguenze dirette della mancanza di certezze e della difficoltà di programmazione a lungo termine.Di fronte a questo scenario, i contratti di filiera si presentano come uno strumento cruciale per la sopravvivenza del settore. Questi accordi favoriscono la diversificazione delle colture, ancorandole a una domanda specifica e a prezzi garantiti, mitigando i rischi e offrendo agli agricoltori una prospettiva di reddito stabile. Nel 2025, i contratti stipulati dai Consorzi Agrari del Tirreno e Siena, per conto del Consorzio Agrari d’Italia, hanno vincolato oltre 13.000 ettari di terreno in Toscana, tra colture bio e tradizionali, includendo grano duro e tenero, farro, colza, avena e favino. I primi risultati in termini di resa e qualità dei cereali risultano promettenti, pur rimanendo il prezzo un fattore di incertezza influenzato dal mercato internazionale.L’impegno dei Consorzi Agrari si concretizza nella creazione di contratti di filiera che, fin dalla fase di semina, garantiscono un prezzo minimo e una marginalità adeguata per gli agricoltori, offrendo una solida base per la pianificazione delle attività agricole e la tutela del patrimonio agroalimentare toscano. L’obiettivo è quello di ricostruire un sistema agricolo più resiliente, diversificato e capace di rispondere alle sfide del futuro, valorizzando le tradizioni locali e promuovendo un modello di sviluppo sostenibile.

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