venerdì, 27 Giugno 2025
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Crisi Medio Oriente: Sardegna a rischio, imprese in ginocchio.

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La drammatica escalation di violenza che dilania il Medio Oriente e irrompe in altre aree del mondo non può lasciare indifferenti. Oltre al dolore immenso per le vite spezzate e le famiglie distrutte, un’ombra crescente si allunga sull’economia globale, con ripercussioni potenzialmente devastanti per il tessuto produttivo italiano, e per la Sardegna in particolare. Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, esprime profonda preoccupazione per questo scenario, evidenziando come la fragilità geopolitica internazionale stia erodendo la stabilità economica e minacciando la tenuta delle micro e piccole imprese che costituiscono il cuore pulsante del nostro sistema economico.L’importanza del Medio Oriente per l’economia sarda si rivela tangibile attraverso i dati: uno studio recente dell’Ufficio Studi di Confartigianato, basato su fonti Istat, quantifica in oltre 1,5 miliardi di euro le esportazioni sarde verso la regione, pari all’1,39% del valore aggiunto regionale. Un flusso commerciale significativo che coinvolge settori diversificati, dall’alimentare e bevande, alla moda e design, dai lapidei e arredamento ai sistemi informatici, fino a macchinari e impianti. Questi prodotti, apprezzati per la loro qualità e originalità, sono diventati un pilastro dell’economia sarda, generando occupazione e prosperità.La Sardegna si colloca in una posizione di vulnerabilità, settima a livello nazionale per esposizione alla crisi geopolitica. La preoccupazione principale verte sulla potenziale interruzione delle rotte commerciali vitali, in particolare nello Stretto di Hormuz, crocevia nevralgico per il transito di oltre un quarto del petrolio globale e un quinto del gas naturale liquefatto (GNL). Nel 2025, l’Italia ha importato tramite questo snodo commerciale energetico per 9,6 miliardi di euro, una quota considerevole che espone il paese a fornitori chiave come Arabia Saudita, Iraq, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Qatar.L’impatto di questa instabilità si manifesta direttamente sui costi energetici, che gravano pesantemente sui laboratori artigianali, le officine e le microimprese sarde. L’aumento del prezzo del petrolio e del gas potrebbe erodere lo sviluppo del PIL italiano fino allo 0,2% nel 2026, frenando gli investimenti e soffocando la crescita economica, con ripercussioni negative anche sull’isola.I dati confermano un rallentamento già in atto delle esportazioni verso i 25 paesi coinvolti nei conflitti, che rappresentano il 9,8% dell’export totale italiano e quasi il 20% di quello extra UE. Nel primo trimestre del 2025 si registra un calo dello 0,6%, con performance negative particolarmente accentuate in Libia, Turchia ed Egitto, partner commerciali storici per l’artigianato sardo. Settori cruciali come la moda, l’alimentare, la gioielleria, l’arredamento e la lavorazione dei metalli, che contribuiscono con circa 20,3 miliardi di euro all’export nazionale, sono i primi a subire le conseguenze dell’instabilità.“La Sardegna non può rimanere a guardare,” sottolinea Meloni, rimarcando come molte delle imprese esportatrici sarde operino proprio nei settori più esposti. Il rischio è concreto: anni di sforzi e investimenti potrebbero essere vanificati da una crisi che sfugge al controllo degli imprenditori.È imperativo agire con tempestività e determinazione. Confartigianato Imprese Sardegna sollecita l’adozione di strumenti di sostegno rapidi ed efficaci, in grado di mitigare gli effetti degli shock internazionali. È necessaria una politica estera orientata alla promozione della stabilità e della pace, ma è altrettanto fondamentale una strategia economica che ponga al centro le PMI, vero motore dell’economia regionale e nazionale, garantendo loro le risorse e il supporto necessari per affrontare le sfide di un contesto globale sempre più incerto e complesso. Un approccio proattivo è l’unica via per tutelare la prosperità e il futuro dell’economia sarda.

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