sabato, 28 Giugno 2025
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Fantasmi rurali siciliani: un’eredità di pietra e silenzio.

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Un’eredità di pietra e silenzio: esplorare i fantasmi rurali della Sicilia(Beniamino Biondi, *Nell’isola che non c’è. Guida ai borghi fantasma di Sicilia*, Il Palindromo, 320 pp., 22 euro)Un cammino estenuante, lungo quasi tre anni, attraverso i resti caduci di un centinaio di insediamenti rurali e operai, testimonianze di un’epoca che si è dissolta. Il libro di Beniamino Biondi non è semplicemente un resoconto, ma un’immersione profonda, un’esperienza vissuta che si riflette in una prosa evocativa, che ricorda l’abilità narrativa di Bruce Chatwin. L’opera, pubblicata da Il Palindromo, ci conduce in un paesaggio desolato, un’isola che somiglia a un sogno perduto, un luogo sospeso tra memoria e oblio.Le pagine del volume, quasi trecento, dispiegano un atlante di incompiutezza. I muri scrostati emergono come spettri, raccontando storie di speranze infrante e di un’utopia corrotta dalla decadenza. Le immagini in bianco e nero, potenti e dirette, accentuano il contrasto tra l’ambizione originaria e la realtà attuale, offrendo uno sguardo impietoso sulle vestigia del passato. Una mappa dettagliata, un vero e proprio strumento di orientamento, guida il lettore attraverso le contrade più impervie, da Borgo Sperone a Borgo San Giacomo, svelandone i segreti.La narrazione si snoda tra il 1922 e il 1974, anni cruciali per la storia siciliana, un periodo in cui il mondo contadino, lentamente ma inesorabilmente, si arrendeva alla crescente urbanizzazione. Il regime fascista, pur celebrando la grandezza della folla nelle piazze, nutriva un sospetto nei confronti delle comunità rurali, percepite come più difficili da controllare. L’utopia agraria del Ventennio si scontra, fin da subito, con la realtà del latifondo, una struttura di potere radicata nel tessuto sociale dell’isola. Nascono così gli insediamenti rurali, concepiti come strumenti per contrastare l’influenza dei grandi proprietari terrieri e per arginare le rivendicazioni del movimento contadino. L’Istituto Vittorio Emanuele III per il bonificamento agricolo e, successivamente, l’Ente di colonizzazione del latifondo siciliano, sono i pilastri di una politica mirata a frazionare la proprietà terriera e a creare infrastrutture per attirare la popolazione rurale. Nel dopoguerra, l’Ente per la riforma agraria siciliana (ERAS) prosegue l’opera, per poi essere subentrato dall’Ente sviluppo agricolo (ESA), tuttora attivo.La narrazione, però, non solleva interrogativi sul fenomeno migratorio che svuotò la campagna, lasciando che i progetti di espansione delle infrastrutture rurali continuassero fino alla metà degli anni Settanta, mentre i grandi centri urbani, come Palermo, si espandevano in modo caotico e disastroso. L’ESA rallenta l’attività edilizia, ma porta a termine alcuni progetti abbandonati, con risultati deludenti. Dei tre progetti avviati, ne vengono realizzati solo due, anonimi e privi di identità.Le fotografie in bianco e nero, che evocano un passato idealizzato, risparmiano la brutale realtà delle rovine attuali. Sparse iniziative, come il recente progetto di recupero di Borgo Bonsignore, nell’Agrigentino, faticano a invertire la tendenza. A Borgo Sferro, nel Catanese, luogo legato alla memoria di Salvatore Quasimodo, un intervento di riqualificazione porta all’intitolazione di una biblioteca al poeta, ma la stazione ferroviaria, testimone dell’infanzia del poeta, è scomparsa. Si recuperano edifici, l’abbeveratoio, nel tentativo di ridare vita al luogo. Tuttavia, come osserva Biondi, il fascino del luogo è limitato, quasi assente, trasformandolo in un’area di servizio, un “non luogo” privo di autenticità.Beniamino Biondi traduce il linguaggio dei fantasmi che si ribellano alla distruzione, offrendo un’occasione per ascoltare le storie dimenticate e per ricominciare. L’eredità di pietra e silenzio della Sicilia, un monito contro l’oblio e un invito alla riflessione sul valore della memoria.

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