La situazione critica che investe il Gruppo Fedrigoni richiede un intervento urgente e strutturale, al di là di semplici promesse e gesti simbolici. Le segreterie regionali e nazionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil hanno formalmente richiesto l’attivazione di un tavolo di crisi istituzionale presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con la diretta partecipazione del Ministro Adolfo Urso. Questa mossa sindacale riflette una profonda preoccupazione per il futuro industriale e occupazionale di un’area che, per decenni, ha rappresentato un motore trainante per l’economia marchigiana.Il cuore del problema risiede in una serie di scelte aziendali che minano la continuità produttiva e mettono a rischio la stabilità dei lavoratori. La dismissione della macchina F3, il suo smantellamento e la successiva vendita, segnano un taglio drastico alle capacità produttive del gruppo. Il reparto E-Close, incapace di raggiungere livelli di redditività e volumi adeguati, solleva interrogativi sulla strategia aziendale e sulla capacità di adattamento ai cambiamenti del mercato. La sospensione del ciclo notturno, con la conseguente minaccia di cassa integrazione o interruzione dei contratti, appesantisce ulteriormente la situazione, specialmente per la forza lavoro in somministrazione, che rappresenta una quota preponderante nel reparto.L’inversione di marcia nella produzione di energia, con la fermata del turbogas – un impianto un tempo capace di fornire energia anche a partner strategici come l’Enel – e la probabile cessione di una delle due unità, rappresenta un ulteriore colpo. Questa decisione non solo riduce l’autonomia energetica dello stabilimento, ma incide negativamente anche sull’organico tecnico specializzato e limita le prospettive di sviluppo di futuri processi produttivi.L’allocazione di soli 20% degli investimenti nazionali nell’Area Marche, indirizzati principalmente al ripristino di attrezzature datate nel reparto Sicurezza, evidenzia una scarsa attenzione verso le reali esigenze del territorio. Nonostante l’annuncio di nuovi assunzioni nel settore delle carte di sicurezza, l’assenza di un piano di sviluppo concreto e di un riequilibrio territoriale genera profonda incertezza tra i lavoratori.La richiesta sindacale non si limita a una mera denuncia delle criticità. Rappresenta un appello all’intervento tempestivo delle istituzioni, volto a garantire la salvaguardia del patrimonio industriale marchigiano, a promuovere un’allocazione equa degli investimenti e a tutelare il diritto al lavoro dei numerosi dipendenti. È necessario un approccio strategico che tenga conto della storia, delle competenze e del valore aggiunto che il territorio ha saputo esprimere nel corso degli anni, evitando scelte miopi che compromettono il futuro di un’intera comunità. L’obiettivo è costruire un futuro sostenibile, fondato su una solida base industriale e sull’inclusione sociale.
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