Il Friuli Venezia Giulia si confronta con un quadro economico e demografico complesso, caratterizzato da una dicotomia tra segnali apparentemente positivi e dinamiche strutturali preoccupanti. L’incremento dell’occupazione, benché significativo, non si traduce in un miglioramento diffuso della qualità del lavoro e del tenore di vita delle famiglie. L’analisi del report Ires Fvg, esposta dal segretario generale della Cgil Michele Piga e approfondita dal ricercatore Alessandro Russo, rivela un’emergenza silenziosa che erode il potenziale di sviluppo regionale.La perdita di capitale umano rappresenta una sfida cruciale. Si stima una contrazione di ben 84.000 unità nella forza lavoro potenziale nei prossimi quindici anni, un dato che amplifica le conseguenze di un esodo giovanile già in atto. Tra il 2021 e l’attuale, la regione ha perso 37.000 residenti nella fascia di età più produttiva (15-64 anni), un’emorragia demografica che si accentua con la ripresa dell’emigrazione, soprattutto tra i giovani italiani, con un saldo negativo stimato in -15.000 unità a partire dal 2024. Questo spopolamento non è solo un problema di numeri, ma implica una perdita di competenze, di innovazione e di vitalità sociale.Parallelamente, il potere d’acquisto delle famiglie friulane ha subito un declino preoccupante, con una perdita media dell’8,5% tra il 2019 e il 2023. Questa erosione del reddito reale, unita alla prevalenza di forme contrattuali precarie, si traduce in una limitata capacità di spesa, con ripercussioni negative sull’economia locale e sulla qualità della vita. Il salario lordo annuale medio, attestato intorno ai 24.000 euro, appare insufficiente a garantire un adeguato tenore di vita, soprattutto se si considera la diffusa incidenza di contratti part-time, a termine e discontinui. Questa frammentazione del mercato del lavoro crea instabilità, alimenta l’incertezza e ostacola la programmazione familiare.La necessità di intervenire è urgente e richiede un approccio multidimensionale. L’attuazione dell’emendamento approvato nella legge di bilancio, volto a incentivare le imprese che stipulano accordi di secondo livello con i sindacati, rappresenta un primo passo nella direzione di una maggiore equità salariale e di un rafforzamento del ruolo delle rappresentanze sindacali, anche nelle piccole imprese. Tuttavia, è indispensabile andare oltre, con politiche mirate a promuovere la formazione continua, a favorire l’occupazione stabile e a contrastare l’abuso di forme contrattuali flessibili.In questo contesto, i referendum sull’8 e 9 giugno acquisiscono particolare rilevanza. La riduzione dell’abuso dei contratti a termine e il rafforzamento delle tutele contro i licenziamenti illegittimi, rappresentano obiettivi fondamentali per garantire diritti e dignità ai lavoratori, contrastare la precarietà e promuovere un mercato del lavoro più equo e sostenibile. La partecipazione attiva dei cittadini in questi referendum costituisce un atto di responsabilità democratica e un’occasione per indirizzare le politiche del lavoro verso un futuro più giusto e prospero per il Friuli Venezia Giulia. Il futuro del territorio, infatti, dipende dalla capacità di invertire queste tendenze e costruire un modello di sviluppo che metta al centro il benessere delle persone e la sostenibilità del territorio.
Fvg: Emergenza silenziosa, lavoro precario e spopolamento minacciano il futuro.
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