L’esperienza genovese che ha portato all’elezione di Silvia Salis rappresenta un caso emblematico, forse l’unico successo tangibile, in un panorama politico italiano spesso segnato da divisioni e sconfitte. Ripercorrendo la storia recente della Liguria, è impossibile dimenticare il 2015, un anno che incarna le debolezze strutturali del centrosinistra e il suo progressivo smarrimento. Dieci anni fa, la regione fu teatro di una frattura profonda, un cortocircuito che originò una frammentazione interna, come dimostrano le primarie controverse e la candidatura di Marco Paita, preludio di una disfatta elettorale che consegnò la regione nelle mani di Giovanni Toti.L’analisi di Matteo Renzi, espressa durante il congresso nazionale di Italia Viva a Genova, evidenzia una dicotomia chiara: le elezioni regionali, caratterizzate da una candidatura unitaria ma inefficace, hanno portato alla sconfitta, mentre le elezioni comunali, dove una coalizione coesa ha sostenuto Silvia Salis, hanno generato un risultato positivo. Si tratta di un dato apparentemente semplice, quasi paradossale, che invita a una riflessione più ampia sulle dinamiche del consenso e della governabilità.L’affermazione di Renzi non si limita a una constatazione empirica; suggerisce un principio politico fondamentale: la convergenza strategica, l’abbandono di individualismi e la capacità di aggregare forze diverse sono elementi imprescindibili per il successo elettorale e, potenzialmente, per la realizzazione di progetti di governo solidi e duraturi. Non si tratta, ovviamente, di una formula magica. La coesione politica, come sottolinea Renzi, deve essere accompagnata da proposte concrete, da un programma chiaro e dalla capacità di individuare figure di riferimento con un forte appeal elettorale, come Silvia Salis ha dimostrato. L’esempio genovese, quindi, si configura come un laboratorio politico in cui sperimentare nuove forme di aggregazione e di collaborazione, un antidoto alla paralisi e alla sconfitta che spesso affliggono il centrosinistra italiano. Si tratta di un monito a superare le divisioni ideologiche e personali, a privilegiare l’interesse generale e a riscoprire la forza di un progetto comune, capace di interpretare le istanze di cambiamento che attraversano la società. La vittoria di Silvia Salis non è solo un successo elettorale, ma un invito a ripensare il modo di fare politica, a costruire ponti anziché erigere muri, a lavorare insieme per il bene comune.