La recente sentenza d’appello che ha confermato l’ergastolo per Alessandro Impagnatiello, condannato per l’efferato omicidio di Giulia Tramontano, solleva interrogativi profondi sul significato e la fattibilità della giustizia riparativa in contesti di estrema gravità. La richiesta di accesso a tale istituto, avanzata dalla difesa, è stata respinta dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano, una decisione che riflette una valutazione complessa e stratificata.La corte ha motivato il rifiuto evidenziando la mancanza di una vera e propria presa di coscienza da parte dell’imputato riguardo alle dinamiche psicologiche e morali che hanno generato il gesto omicida. Un percorso di giustizia riparativa, per sua natura, si fonda sulla capacità dell’autore del reato di riconoscere il danno causato, di assumersene la responsabilità in modo autentico e di manifestare un reale desiderio di espiazione e di riparazione. Laddove questo presupposto fondamentale appare assente, la sua applicazione risulterebbe priva di significato e inefficace, trasformandosi in una mera formalità priva di un impatto trasformativo.L’assenza di una riflessione critica e approfondita sui moventi che hanno spinto Impagnatiello a compiere un atto così violento, che ha posto fine alla vita di Giulia Tramontano e spezzato un futuro pieno di promesse, preclude l’avvio di un percorso volto alla responsabilizzazione profonda. La giustizia riparativa non si limita alla mera compensazione materiale, ma mira a ricostruire relazioni interrotte, a promuovere la comprensione reciproca e a favorire la reintegrazione sociale dell’autore del reato, laddove questa sia possibile e auspicabile.Un elemento cruciale che ha contribuito alla decisione della corte è stata l’irremovibile posizione della famiglia di Giulia, che ha esplicitamente rifiutato di partecipare a un eventuale programma riparatorio. Il dolore, la rabbia e il senso di ingiustizia che permeano questa famiglia sono comprensibili e profondi, e la loro decisione, pur dolorosa, deve essere rispettata. La giustizia riparativa implica il consenso e la partecipazione attiva della vittima o dei suoi familiari, poiché è proprio attraverso il confronto diretto con chi ha subito il danno che l’autore del reato può comprendere appieno la gravità del suo gesto e il dolore che ha provocato.La vicenda Impagnatiello-Tramontano pone quindi una sfida importante al sistema giudiziario italiano. La giustizia riparativa, pur rappresentando un’alternativa interessante al modello punitivo tradizionale, non è una panacea e non può essere applicata in modo indiscriminato. La sua efficacia dipende dalla maturità dell’autore del reato, dalla disponibilità della vittima e dalla complessità del caso specifico. In questo contesto, la decisione della corte d’appello di Milano, seppur impietosa, appare coerente con i principi fondamentali della giustizia e con la necessità di tutelare la dignità della vittima e dei suoi familiari. Il caso evidenzia la complessità etica e legale della giustizia riparativa in situazioni caratterizzate da una profonda sofferenza e da un trauma incommensurabile.
Giustizia riparativa per Impagnatiello: un percorso impossibile?
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