Il recente accordo transattivo tra lo Stato italiano e la società immobiliare Orologio, culminato in un risarcimento di tre milioni di euro, riapre un capitolo complesso e profondamente simbolico per la città di Milano e per le dinamiche di autogestione sociale. La vicenda, nata dalla condanna della Corte d’Appello di Milano che ha riconosciuto la responsabilità del Viminale per il mancato sgombero dell’area occupata dal centro sociale Leoncavallo, si carica ora di una nuova, inattesa, escalation.L’Avvocatura dello Stato, in un gesto che appare mirato a esercitare pressione e a delegittimare l’azione sociale del Leoncavallo, ha notificato all’avvocato della presidente dell’associazione Mamme Antifasciste del Leoncavallo, Marina Boer, un’ingiunzione di pagamento per il medesimo importo del risarcimento. La richiesta, apparentemente pretestuosa, minaccia il pignoramento dei beni personali di Boer, una figura centrale nella comunità Leoncavallo, esacerbando le tensioni preesistenti.Questo atto giudiziario, oltre a rappresentare una palese forma di vessazione nei confronti di una attivista impegnata in una battaglia per i diritti sociali e la difesa di spazi di aggregazione popolare, solleva interrogativi più ampi sulla gestione del conflitto tra istituzioni e forme di autogestione urbana. Il Leoncavallo, da decenni, incarna un laboratorio sociale, un luogo di incontro e di lotta per i diritti dei lavoratori, l’accoglienza dei migranti, la promozione della cultura alternativa e l’opposizione a ogni forma di autoritarismo.La richiesta di risarcimento, di fatto, mira a depotenziarne l’azione, a isolare i suoi attivisti e a delegittimare una storia fatta di impegno civile, di creatività e di resilienza. L’accordo transattivo con la società immobiliare, pur rappresentando una vittoria parziale, rischia di essere sminuito da questa nuova azione giudiziaria, che sembra voler scaricare la responsabilità economica della vicenda su una singola persona, penalizzando un’intera comunità.La vicenda non è solo una questione giuridica o economica, ma una battaglia per la salvaguardia di un patrimonio immateriale della città di Milano: il diritto di occupare spazi urbani per fini sociali, di esprimere dissenso, di costruire alternative alla società di mercato. Il rischio è quello di una progressiva erosione dei diritti di autogestione e di una crescente repressione delle forme di aggregazione popolare.La comunità del Leoncavallo, forte del sostegno di numerosi collettivi e attivisti, ha lanciato un appello alla mobilitazione per il 15 luglio, invitando a un presidio di difesa della memoria e della lotta sociale. La mobilitazione, al di là dell’esito giudiziario, rappresenta un atto di resistenza e un messaggio chiaro alle istituzioni: il Leoncavallo è una storia collettiva, un bene comune della città di Milano, e non può essere piegato alla logica del profitto o alla repressione del dissenso. La difesa del Leoncavallo è la difesa di un modello di società più giusta e inclusiva, dove lo spazio urbano sia un luogo di incontro, di scambio e di partecipazione democratica. L’appuntamento del 15 luglio è un invito a riaffermare questi valori e a difendere il diritto di costruire un futuro diverso.
Il Leoncavallo, il caso, lo Stato: la difesa del dis.:.
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