La Corte costituzionale ha nuovamente sottolineato l’importanza di armonizzare le leggi penali con il principio di autosufficienza e la dignità della persona in fase terminale. Nella sentenza n. 66, depositata ieri, si è espresso a favore della non punibilità dell’aiuto al suicidio quando il paziente necessiti, secondo la valutazione medica, di un trattamento di sostegno vitale.La Corte ha ribadito l’importanza di una legislazione specifica e coordinata sul fine vita, rilevando che nel nostro Paese non è garantito un accesso universale ed equo alle cure palliative nei vari contesti sanitari. Ciò è dovuto a lunghe liste d’attesa, scarsità di personale adeguatamente formato e una distribuzione territoriale dell’offerta troppo divaricata.Le cure palliative rappresentano un punto di forza per il sostegno dei pazienti in fase terminale, ma è necessario investire sulla formazione del personale sanitario e sul miglioramento della rete sanitaria. Una legge che regoli la fine vita potrebbe essere un passo avanti importante verso l’umanizzazione delle cure palliative.La Corte costituzionale ha richiamato l’attenzione dell’autorità legislativa affinché si adotti una normativa specifica sul fine vita, considerando anche gli aspetti sociali e familiari di questa delicata fase della vita.