La Relazione Annuale dell’attività della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) per il 2024 rivela un panorama criminale in continua evoluzione, caratterizzato da una sofisticata capacità di adattamento e di costruzione di alleanze strategiche tra le diverse articolazioni mafiose operanti in Italia. Il rapporto, presentato oggi presso la sede della Stampa estera, non si limita a documentare la persistenza di fenomeni consolidati, ma ne evidenzia la progressiva frammentazione e la ridefinizione degli equilibri di potere, sempre con l’obiettivo primario di massimizzare il profitto e minimizzare il rischio.L’analisi della DIA sottolinea come le organizzazioni mafiose, pur mantenendo le proprie peculiarità culturali e territoriali, siano capaci di stipulare accordi pragmatici, basati su una logica utilitaristica che trascende le tradizionali lealtà e rivalità interne. Questo si manifesta in forme di cooperazione sempre più complesse, che coinvolgono non solo gruppi mafiosi di diversa origine geografica, ma anche entità criminali eterogenee, spesso operanti in settori diversi.Un esempio emblematico è l’intesa tra Cosa Nostra, radicata nel territorio gelese, e la ‘ndrangheta calabrese, che si sono unite nella gestione del traffico di sostanze stupefacenti. Questa collaborazione, che coinvolge diverse fasi della filiera, dall’approvvigionamento alla distribuzione, testimonia la capacità di superare barriere territoriali e ideologiche in funzione del profitto. L’accordo non è solo una spartizione di territori, ma un’integrazione di competenze e risorse, con la mafia siciliana che potrebbe beneficiare delle consolidate reti di distribuzione calabresi, e viceversa.Altrettanto significativa è la collaborazione documentata per l’approvvigionamento e la custodia di armi. La DIA ha rilevato una rete complessa che vede coinvolti gruppi ‘ndranghetisti, attivi con particolare intensità in Piemonte, e la comunità sinti. Quest’ultima, tradizionalmente legata a reati predatori, si è rivelata un anello cruciale nella filiera di approvvigionamento di armi da fuoco, in alcuni casi fornendo anche supporto logistico e di custodia. Questo evidenzia come le organizzazioni mafiose sappiano sfruttare le fragilità sociali e le dinamiche criminali preesistenti per rafforzare le proprie capacità operative.L’evoluzione di questi modelli di cooperazione riflette un cambiamento strutturale nel panorama mafioso italiano. Non si tratta più di una mera competizione tra clan per il controllo del territorio, ma di una progressiva professionalizzazione e specializzazione delle attività criminali, che richiede la condivisione di risorse e competenze. Questo implica una maggiore flessibilità organizzativa e una capacità di adattamento ai cambiamenti del contesto economico e sociale, rappresentando una sfida complessa per le forze dell’ordine e per l’intero sistema giudiziario. La Relazione della DIA delinea dunque un quadro allarmante, che richiede un’azione investigativa e repressiva sempre più mirata e sofisticata, capace di intercettare e smantellare queste nuove forme di cooperazione criminale.