Il processo per la morte del brigadiere dei Carabinieri Carlo Legrottaglie si arricchisce di una nuova fase, segnata dall’interrogatorio di garanzia di Camillo Giannattasio, 57 anni, residente a San Giorgio Ionico, dinanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi, Simone Orazio. L’uomo, già detenuto in custodia cautelare dal 12 giugno scorso, ha esercitato il diritto di non rispondere, un atto che sottolinea la gravità della posizione in cui versano gli indagati nell’ambito di un’inchiesta che ha scosso profondamente la comunità locale.L’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Giannattasio dipinge un quadro di responsabilità complessa e di un ruolo attivo nella dinamica che ha portato alla tragica scomparsa del brigadiere. Secondo le evidenze raccolte, Giannattasio non si sarebbe limitato a fornire supporto logistico o a guidare la vettura; il suo coinvolgimento emerge come un fattore di intensificazione della condotta violenta di Michele Mastropietro, 59 anni di Carosino, il quale materialmente sparò i colpi mortali che causarono la morte del militare. Mastropietro, a sua volta, trovò la morte durante un conflitto a fuoco successivo, evento per il quale due agenti sono attualmente sotto inchiesta per omicidio colposo, un dettaglio che aggiunge ulteriori complessità alla vicenda.La ricostruzione degli eventi, basata in particolare sulla testimonianza del carabiniere Costanzo Garibaldi, che si trovava in servizio con la vittima, rivela un quadro di sfrontatezza e deliberata sfida all’autorità. Durante l’inseguimento ad alta velocità, i fuggitivi manifestarono apertamente la loro opposizione ai militari, gesticolando in segno di disprezzo, e compiendo manovre pericolose, come l’inversione di marcia in tratti di strada, prima di perdere il controllo del veicolo e impattare contro un palo. La successiva sparatoria, orchestrata da Mastropietro, si concluse con la sua stessa scomparsa, lasciando un vuoto e generando un’onda di dolore.Le indagini, protrattesi nei giorni successivi, hanno portato al sequestro di un ingente quantitativo di armi e materiali bellici rinvenuti presso l’abitazione e il negozio di ferramenta di Giannattasio, difeso dall’avvocato Luigi Danucci. Il ritrovamento di pistole senza matricola, fucili, munizioni, coltelli e passamontagna configura un quadro di pericolosità sociale estremamente elevata, giustificando pienamente la decisione di disporre la custodia cautelare in carcere, senza possibilità di misure alternative.Oltre al ruolo nella morte del brigadiere Legrottaglie, Giannattasio è indagato anche per tentato omicidio nei confronti di due agenti di polizia e per detenzione illegale di armi, in concorso con Mastropietro. L’inchiesta, quindi, si estende ad ulteriori capi d’accusa, ampliando la portata del coinvolgimento di Giannattasio in una rete di attività criminali che mirava a eludere la giustizia e a garantirsi l’impunità per reati pregressi, tra cui ricettazione e porto illegale di armi. La vicenda solleva interrogativi profondi sulla radicata presenza di dinamiche criminali nel territorio e sulla necessità di rafforzare le strategie di prevenzione e contrasto.