L’Arma dei Carabinieri ha celebrato il centodecimo anniversario della battaglia di Podgora, un capitolo cruciale e profondamente simbolico della sua storia durante la Grande Guerra.
Le commemorazioni, articolate in due momenti distinti, hanno voluto onorare il sacrificio di uomini che, cento anni fa, incarnarono i valori di coraggio, abnegazione e fedeltà alla patria in un contesto di conflitto devastante.
La prima cerimonia, solenne e commovente, si è tenuta presso il Sacrario militare di Oslavia, un luogo di riposo eterno per oltre ventimila combattenti caduti, un mosaico di identità nazionali – tra cui un centinaio di soldati austroungarici – che sottolinea la complessità e le ambivalenze del conflitto.
Il comandante generale dell’Arma, Generale Salvatore Luongo, ha sottolineato come la presenza in un luogo così carico di significato non fosse un mero atto formale, ma un dovere morale, un impegno condiviso a preservare la memoria come responsabilità collettiva, un patrimonio da tramandare alle future generazioni.
La deposizione di tre corone, accompagnata dalle note solenni dell’inno del Piave, e la successiva preghiera nella cripta, hanno evocato il profondo dolore e la dignità di chi ha pagato il prezzo più alto per la libertà.
La seconda parte della commemorazione, tenutasi presso la caserma Cascino, sede del 13° reggimento Friuli Venezia Giulia, ha ricostruito l’epopea dell’assalto alla quota 240 del monte Calvario.
Quel mattino di cento anni fa, i Carabinieri, con un atto di audacia quasi inaudita, si lanciarono all’attacco, incaricati di conquistare quella posizione strategica sotto il fuoco incessante dell’esercito austroungarico.
L’ordine impartito era emblematico: avanzare senza sparare, affidandosi esclusivamente alla baionetta, un gesto che trascendeva la semplice tattica militare, divenendo una dichiarazione di volontà, un atto di sfida contro il destino.
Lo scopo primario era mantenere l’inerzia dell’attacco, impedire una momentanea esitazione che avrebbe potuto costare la missione.
Il coraggio di quei soldati, nonostante la “tempesta di piombo e ferro” che li investì, rimane un esempio di determinazione e spirito di corpo.
Il prezzo di quella vittoria fu alto: cinquantaquattro caduti, centoquarantaquattro feriti e dieci dispersi, numeri che testimoniano la brutalità della guerra e la fragilità della vita umana.
Il sacrificio di questi uomini, unitamente alla loro capacità di onorare un ordine così inusuale, ha contribuito a definire l’identità dell’Arma dei Carabinieri, un’istituzione nata per servire e proteggere, pronta a rispondere al dovere con abnegazione e onore.
La battaglia di Podgora, quindi, non è solo un evento storico, ma un simbolo di resilienza, di dedizione e di appartenenza, un’eredità preziosa che continua a ispirare le nuove generazioni di Carabinieri.