La débacle dell’affluenza ai cinque referendum sull’autonomia differenziata in Sardegna dipinge un quadro allarmante, un segnale tangibile del disinteresse o della disinformazione che avvolge un tema di cruciale importanza per il futuro dell’isola. Con una partecipazione che si è attestata attorno al 27,4%, un dato ben al di sotto della soglia quorum necessaria per la validità dei quesiti, l’esperimento democratico si è rivelato un fallimento.Tuttavia, nel grigio generale, emergono lampi di resistenza e di impegno civico. Comuni come Nuoro, Luras, Soleminis, Monastir, Lodine e Oniferi hanno superato la metà più uno degli aventi diritto, dimostrando un interesse, una consapevolezza, o forse una diversa sensibilità nei confronti della questione dell’autonomia. Queste sacche di partecipazione attiva, pur isolate, offrono spunti di riflessione e invitano a un’analisi più approfondita delle dinamiche sociali e politiche che influenzano l’opinione pubblica.Il silenzio delle urne, l’assenza di gran parte dei cittadini, solleva interrogativi pressanti. È un riflesso di una crisi di fiducia nelle istituzioni? È la conseguenza di una comunicazione inefficace e di una campagna informativa insufficiente? Oppure è il risultato di una mancanza di coinvolgimento diretto e di una percezione di lontananza tra i cittadini e le decisioni che riguardano il loro futuro?La decisione della Giunta regionale guidata da Alessandra Todde di disallinearsi dalla scelta del governo nazionale, mantenendo separate le elezioni comunali e i referendum, assume in questo contesto un significato particolare. La volontà di dare alla discussione sull’autonomia un percorso autonomo, libero da condizionamenti esterni, si è scontrata con la realtà di un’apatia diffusa che ha penalizzato l’efficacia del voto. L’esito negativo evidenzia, al contempo, la difficoltà di stimolare un dibattito costruttivo e inclusivo su temi complessi come quello dell’autonomia.Il caso di Goni, dove l’affluenza si è fermata all’1,5%, quasi spingendo alla nomina di un commissario, è emblematico di questo disinteresse generalizzato e segna un campanello d’allarme per la tenuta stessa del processo democratico. L’analisi degli esiti, al di là del dato numerico, impone una riflessione critica sull’efficacia delle strategie di comunicazione politica, sulla necessità di promuovere una maggiore consapevolezza civica e sulla capacità delle istituzioni di coinvolgere attivamente i cittadini nel processo decisionale, specialmente quando si tratta di scelte che ne plasmano il futuro. La Sardegna, con la sua voce soffocata dall’astensionismo, si pone ora di fronte a una sfida cruciale: risvegliare la coscienza civica e recuperare il dialogo tra cittadini e istituzioni.
Referendum Autonomia: Sardegna, un voto spento, un futuro da risvegliare.
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