La riforma della giustizia, con particolare riferimento alla separazione delle carriere magistratura, ha visto un’accelerazione in Senato, innescando un acceso dibattito e sollevando questioni di profonda rilevanza costituzionale. Un calendario serrato, definito dalla Conferenza dei Capigruppo, mira a concludere la discussione e il voto entro il 23 luglio, segnando il secondo dei quattro passaggi parlamentari necessari per l’approvazione definitiva.La separazione delle carriere, fulcro della riforma, si articola in due percorsi distinti: uno per i magistrati inquirenti (Pubblici Ministeri), dedicati alle indagini preliminari, e un altro per i giudici, investiti della decisione in merito alla responsabilità penale. Questa divisione, già approvata in precedenza con l’articolo 2, costituisce un cambiamento significativo rispetto alla tradizionale coesistenza di funzioni all’interno della magistratura.Gli articoli 3 e 4, attualmente al centro del dibattito parlamentare, rappresentano la linfa vitale di questa trasformazione. La loro approvazione implica la creazione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura (CSM), un cambiamento radicale rispetto all’attuale assetto che vede un unico organo con competenze sia per i giudici che per i pubblici ministeri.L’innovazione più rilevante introdotta dall’articolo 3 concerne la modalità di composizione del CSM. L’elezione, metodo attualmente in vigore, verrebbe sostituita da un sistema di sorteggio, con una composizione che bilancerebbe la presenza di accademici (professori universitari) e professionisti del diritto (avvocati) con quella di magistrati (giudici e pubblici ministeri). Questa modifica, con evidenti implicazioni sulla rappresentatività e l’indipendenza del CSM, è stata oggetto di forti contestazioni.L’articolo 4, a sua volta, ridisegna le funzioni del CSM, attribuendogli responsabilità in merito a reclutamento, assegnazione, trasferimenti e valutazioni. Tuttavia, la cruciale competenza in materia di responsabilità disciplinare viene esternalizzata a un’Alta Corte, composta da quindici membri, magistrati ed esperti, configurando una nuova architettura di controllo sulla magistratura.Le implicazioni di questa riforma hanno suscitato reazioni contrastanti. Il senatore del Partito Democratico Andrea Giorgis ha espresso preoccupazione per un possibile indebolimento della magistratura, interpretando le scelte legislative come una mancanza di rispetto per i limiti costituzionali. In risposta, il capogruppo di Fratelli d’Italia Lucio Malan ha ribadito la fiducia nelle capacità dei magistrati e la necessità di un organo di autogoverno che possa esercitare efficacemente il potere decisionale in ambito giudiziario.Il dibattito si concentra dunque sulla delicata questione del rapporto tra poteri dello Stato, sull’autonomia della magistratura e sulla garanzia di un giusto processo, elementi costitutivi di uno stato democratico. La riforma, con le sue modifiche strutturali e procedurali, pone interrogativi fondamentali sulla tutela dell’indipendenza della magistratura e sulla sua capacità di esercitare le funzioni giurisdizionali in modo imparziale ed efficace.