Il Festival della Restanza e della Tornanza, conclusosi a Colli del Tronto con un’affluenza senza precedenti, si è configurato come un esperimento sociale e culturale di straordinaria importanza, ben oltre la semplice celebrazione di un territorio martoriato. Più che un evento, è stato un vero e proprio laboratorio aperto, un crogiolo di idee e di energie volto a ripensare il futuro dell’Italia interna, un’area spesso relegata ai margini, ma gravida di potenzialità inespresse.Il commissario straordinario alla ricostruzione post-sisma, Guido Castelli, ha sapientemente sottolineato come dalle ceneri di una catastrofe naturale possano germogliare non solo nuovi edifici, ma, soprattutto, legami umani, progetti innovativi e opportunità inaspettate. L’ambizione del Festival era chiara: ridefinire l’Appennino, non più come periferia geografica ed economica, ma come epicentro di un processo di rigenerazione multidimensionale: economica, sociale e, imprescindibilmente, culturale.L’evento ha visto la partecipazione attiva di un numero elevato di giovani, testimonianza di un rinnovato interesse per il territorio e delle sue potenzialità. Oltre 500 studenti delle scuole locali e operatori del Servizio Civile Universale hanno affiancato esperti in ambiti cruciali come l’imprenditoria, l’intelligenza artificiale e le nuove forme di comunicazione, accendendo scintille di innovazione e aprendo nuove prospettive.La presenza di personalità di spicco, come il presidente della Regione Marche e il capo dipartimento per le politiche giovanili della presidenza del Consiglio, ha confermato l’attenzione istituzionale verso le aree interne e la volontà di investire in iniziative che ne promuovano la vitalità. L’impegno governativo si è concretizzato in un’attenzione particolare alle energie emergenti e alla valorizzazione delle risorse umane e materiali presenti nel territorio.Il programma degli incontri culturali ha offerto spunti di riflessione profondi e stimolanti. Il dialogo tra Davide Rondoni, Padre Francesco Piloni e l’abile moderazione di Angelo Mellone ha acceso un dibattito appassionato sulla spiritualità, l’etica e il ruolo della cultura nella ricostruzione del tessuto sociale. Il panel dedicato a giovani e impresa, arricchito dalla presenza di figure come Tommaso Cerno, il rettore della Politecnica e il magnate Brunello Cucinelli, ha esplorato modelli di sviluppo sostenibile e di imprenditoria responsabile, capaci di coniugare successo economico e benessere collettivo. Brunello Cucinelli, in particolare, ha incarnato l’ideale di un umanesimo economico applicato al territorio, dimostrando come la cura del lavoro e delle relazioni umane possa essere il motore di una crescita duratura.L’affermazione di Angelo Mellone, “L’entroterra non è un museo, ma un luogo dove vanno costruite le nuove città,” ha sintetizzato l’essenza del Festival: una chiamata all’azione per trasformare l’abbandono in opportunità, la marginalizzazione in centralità.La cerimonia di premiazione finale ha celebrato l’impegno e la creatività di giovani e imprenditori che, nonostante le difficoltà, hanno continuato a credere nel futuro del loro territorio.Il Festival della Restanza e della Tornanza, con il suo motto evocativo – restare, partire, tornare come scelte consapevoli e desiderabili – ha offerto un modello replicabile di rigenerazione, capace di integrare scuola, comunità, cultura e impresa, delineando un futuro di speranza e di rinascita per l’Italia interna. L’evento non è stato solo una celebrazione del passato, ma una visione proiettata verso un futuro possibile, un futuro in cui il territorio, le persone e le loro storie diventano il cuore pulsante di una nazione più equa, prospera e culturalmente ricca.
Rigenerare l’entroterra: il Festival della Restanza e della Tornanza
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