martedì, 24 Giugno 2025
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Sara, 11 anni, e un appello dalla Sardegna per la Palestina.

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La ventitreesima edizione del Marina Café Noir si è conclusa con un’inattesa e profondamente toccante epifania, un monito di speranza e un appello alla responsabilità collettiva, offerto dalla voce di Sara Farouki, undicenne figlia di padre palestinese e madre sarda. Il palco del Bastione Saint Remy, a Cagliari, si è trasformato in un microcosmo di un mondo in conflitto, dove l’innocenza infantile si è scontrata con la cruda realtà di un dramma globale.Lungi dall’essere un semplice atto di partecipazione, la richiesta di Sara, accolta con sensibilità e approvazione dai genitori e dagli organizzatori, ha rappresentato una frattura emotiva nel tessuto del festival, un momento di riflessione che ha risuonato profondamente nel cuore del pubblico cagliaritano. La sua dichiarazione, semplice e disarmante, ha trasceso la retorica politica, toccando le corde più intime dell’umanità. L’elenco delle proprie fortune – un tetto, un letto, l’amore di entrambi i genitori – si è contrapposto, in un contrasto doloroso, alla condizione di privazione vissuta da coetanei in un altro luogo del mondo. Un’apprezzamento sentito per coloro che offrono sostegno alla Palestina si è fuso con l’augurio di una liberazione futura, un desiderio di giustizia che emana dalla purezza dell’infanzia.Questo atto spontaneo, questa voce fragile ma potente, è stato l’epilogo perfetto per un festival che, da oltre vent’anni, si impegna a creare un ponte tra culture e idee. Marina Café Noir, guidato da Giacomo Casti, Francesco Scanu e Donatella Mendolia, si è affermato come un punto di riferimento nel panorama culturale sardo, capace di attrarre ospiti di spicco e di mantenere salde le proprie radici nella comunità locale. L’edizione di quest’anno, incentrata sul tema “Mappe dei tempi nuovi”, ha cercato di orientarsi in un’epoca segnata da incertezze e conflitti, attraverso l’esplorazione della letteratura e della testimonianza.La letteratura, come strumento di decodifica, si è rivelata indispensabile per comprendere le complessità del presente, offrendo prospettive inedite e stimolando il pensiero critico. Le voci di Francesca Mannocchi e Nathan Thrall, quest’ultimo collegato da Tel Aviv, hanno contribuito a delineare un quadro articolato e spesso inquietante dei mutamenti che caratterizzano il nostro tempo. Ma è stata la voce di Sara, con la sua sincerità disarmante, a risvegliare le coscienze, ricordandoci che dietro le mappe geografiche e le analisi geopolitiche si celano storie individuali, destini intrecciati e una responsabilità condivisa verso il futuro del pianeta. Il suo gesto, un abbraccio con i genitori in procinto di rientrare a Ramallah, ha segnato la fine di un evento e l’inizio di una riflessione che, si spera, continuerà a risuonare nel cuore di chi l’ha ascoltata.

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