Il 3 giugno si terrà uno sciopero nazionale indetto da CGIL e UIL, un atto di protesta che segna l’apice di una crescente tensione nelle relazioni industriali di Poste Italiane. L’azione sindacale non è un evento isolato, bensì il culmine di un deterioramento del dialogo avviato mesi prima, quando le rappresentanze sindacali indicate sono state deliberatamente escluse dai tavoli di trattativa da parte della dirigenza aziendale, un atto percepito come una palese violazione del diritto di rappresentanza e di confronto.Lo slogan “Salario e diritti in Poste Italiane” incarna il nucleo delle rivendicazioni, che vanno ben oltre la mera richiesta di aumenti salariali. Si tratta di una rivendicazione di dignità lavorativa, di rispetto per i diritti costituzionali, e di un ribaltamento di una politica aziendale che privilegia la massimizzazione del profitto a breve termine a discapito del benessere dei lavoratori e della qualità dei servizi offerti.Le organizzazioni sindacali SLC, Uilposte, CGIL e UIL denunciano una deriva autoritaria che mina le fondamenta del pluralismo e della democrazia all’interno dell’azienda, la più grande realtà economica del Paese. La protesta del 3 giugno rappresenta un rifiuto categorico di un modello relazionale che soffoca il dissenso e impedisce una gestione partecipata e trasparente.Al centro della contestazione vi è il piano di riorganizzazione aziendale, percepito come una manovra volta a tagliare gli organici e a compromettere la sostenibilità del servizio pubblico. Questa strategia, secondo i sindacati, non solo mette a rischio l’occupazione, ma incide negativamente sulla qualità del servizio offerto ai cittadini, generando un circolo vizioso di disinvestimenti e precarizzazione.L’esasperazione è alimentata dalla politica aziendale che destina ingenti dividendi agli azionisti, mentre i lavoratori, artefici di tale prosperità, ricevono solo “briciole”. I risultati economici positivi devono tradursi in benefici concreti per tutti, con interventi risolutivi in termini di stabilizzazione del personale precario, trasformazione di contratti a termine e gestione efficace della mobilità interna.Ulteriori aree di intervento urgente riguardano la sicurezza sul lavoro, con investimenti mirati per proteggere sia i dipendenti diretti sia quelli che operano attraverso appalti. Infine, un punto fermo della protesta è l’opposizione alla privatizzazione parziale di Poste Italiane attraverso la vendita di quote azionarie da parte del Ministero delle Finanze. Le organizzazioni sindacali ribadiscono con forza la necessità che Poste Italiane rimanga una realtà strategicamente controllata dallo Stato, al servizio del Paese e non degli interessi di mercato. L’azione del 3 giugno è dunque un monito: il futuro di Poste Italiane e il benessere dei suoi lavoratori sono in gioco.