Un’ombra di preoccupazione si allunga sul futuro dello spettacolo dal vivo in Italia, alimentata da scelte ministeriali che rischiano di erodere i principi cardine della sua stessa essenza. Sette regioni – Campania, Emilia-Romagna, Puglia, Toscana, Sardegna, Umbria e Valle d’Aosta – hanno sollevato un allarme congiunto, esprimendo profondo sgomento per una deriva che minaccia la pluralità, la trasparenza e la responsabilità condivisa, pilastri fondamentali per un sistema culturale robusto e dinamico.Le recenti disposizioni emanate dal Ministero della Cultura, in particolare il D.M. 23 dicembre 2024, n. 463, hanno provocato un’inversione di rotta significativa. I criteri di valutazione, tradizionalmente orientati a premiare l’innovazione, l’audacia culturale e la dimensione internazionale – elementi vitali per l’evoluzione e l’ampliamento dei confini artistici – sono stati relegati in secondo piano, soppiantati da un approccio che privilegia indicatori quantitativi legati al mercato, come il numero di biglietti venduti e i ricavi generati.Questa trasformazione ha conseguenze profonde. Il Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo, originariamente concepito come strumento pubblico di sostegno alla diversità e alla sperimentazione, rischia di trasformarsi in un mero veicolo per la promozione di modelli commerciali, penalizzando irrimediabilmente le realtà culturali più innovative e coraggiose. Queste sono spesso le aziende – festival, compagnie, centri di produzione – che operano in territori fragili e periferici, svolgendo un ruolo cruciale nel tessuto sociale e nell’identità culturale locale.L’impatto è già visibile: numerose iniziative culturali, che hanno contribuito in maniera significativa alla ricchezza e alla vitalità del panorama artistico nazionale, si trovano ad affrontare tagli drastici o addirittura l’esclusione dal finanziamento. Questo fenomeno esacerba le disuguaglianze territoriali, ampliando il divario tra le aree centrali, più facilmente accessibili a finanziamenti e visibilità, e le aree periferiche, spesso sprovviste di infrastrutture e risorse adeguate. Si rischia, in sostanza, di impoverire l’offerta culturale, limitando l’accesso a esperienze artistiche di qualità e compromettendo la coesione delle comunità.Le istituzioni regionali, consapevoli della gravità della situazione, hanno formulato richieste precise e urgenti. Innanzitutto, si chiede una revisione radicale della composizione delle commissioni teatro e multidisciplinare, garantendo un equilibrio tra competenze tecniche specialistiche e rappresentanza istituzionale, per evitare logiche di prevalenza o favoritismi. Si sollecita, inoltre, un’attenta e trasparente gestione delle istanze di riesame, assicurando che ogni caso sia valutato con la massima serietà e imparzialità. Infine, si propone l’apertura di un tavolo di confronto programmatico, con la partecipazione di tutti gli attori del settore, per definire parametri di valutazione nuovi e condivisi, in grado di rispecchiare la complessità e la ricchezza dello spettacolo dal vivo contemporaneo. L’obiettivo è riaffermare il ruolo dello Stato come garante di una cultura plurale, inclusiva e accessibile a tutti.
Spettacolo dal vivo a rischio: allarme regioni e riforma urgente
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