Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Milano ha formalizzato un ricorso in Cassazione, contestando la decisione del Tribunale di Sorveglianza che ha recentemente accordato la semilibertà ad Alberto Stasi, ex compagno di Chiara Poggi, attualmente in fase di espiazione di una pena detentiva di sedici anni. La contestazione si concentra sulla presunta omissione di un elemento cruciale nella valutazione della concessione del beneficio: l’assenza di un’autorizzazione esplicita per la realizzazione di un’intervista a “Le Iene” durante un permesso retributivo, finalizzato al ricongiungimento familiare.La decisione del Tribunale di Sorveglianza, a detta del pg, avrebbe meritato un esame più approfondito alla luce di considerazioni di ordine pubblico e di tutela della vittima, Chiara Poggi, e dei suoi familiari. L’intervista, percepita come un’opportunità di esposizione mediatica del detenuto, solleva interrogativi sulla sua idoneità a dimostrare un percorso di riabilitazione volto alla reintegrazione sociale. La concessione del permesso, pur essendo un diritto sancito dalla legge per i detenuti che manifestano un positivo ravvedimento, è gravata dalla responsabilità del magistrato di sorveglianza di valutarne attentamente l’impatto sulla collettività e sulla sensibilità della vittima, elementi che sembrano essere stati insufficientemente presi in considerazione.Il ricorso in Cassazione non si limita a sollevare la questione formale dell’autorizzazione all’intervista, ma ne estende la portata, interrogandosi sulla legittimità di un percorso di semilibertà che, pur in apparenza orientato alla reintegrazione, rischia di riaprire ferite emotive e di compromettere la percezione di giustizia da parte della comunità. La vicenda, infatti, trascende la semplice violazione di una procedura amministrativa, configurandosi come un nodo cruciale nell’equilibrio tra il diritto alla riabilitazione del detenuto e la necessità di garantire la protezione della vittima e la tutela dell’ordine pubblico.Il Pubblico Ministero, con il suo intervento, intende riaffermare il principio di prudenza e di cautela che deve guidare le decisioni in materia di benefici penali, soprattutto quando la vicenda coinvolge un crimine particolarmente efferato e una vittima che ha subito un trauma profondo. La Cassazione è chiamata a valutare se il Tribunale di Sorveglianza abbia bilanciato adeguatamente questi interessi contrapposti e se la decisione di concedere la semilibertà, in queste specifiche circostanze, sia conforme ai principi fondamentali del diritto penitenziario e alla garanzia di un giusto processo. La vicenda, pertanto, rappresenta un’occasione per riflettere sull’importanza di un approccio rigoroso e responsabile nella gestione dei detenuti e nella tutela dei diritti delle vittime.
Stasi, ricorso in Cassazione: il pg contesta la semilibertà.
Pubblicato il
