lunedì, 23 Giugno 2025
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Treviso, aggredito e ucciso: 10 ragazzi indagati, movente droga.

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L’ombra di una violenza brutale si è abbattuta su Treviso, segnando la giovane vita di Francesco Favaretto, deceduto undici giorni dopo un’aggressione che ha scosso profondamente la comunità. L’inchiesta, ora densa di sviluppi, vede coinvolti dieci ragazzi, di cui cinque minorenni recentemente colpiti da provvedimenti restrittivi, in aggiunta ai tre maggiorenni precedentemente arrestati. La Procura della Repubblica di Treviso, in sinergia con la Procura per i Minorenni di Venezia, ha orchestrato un’indagine complessa, alimentata da un quadro probatorio dettagliato e coerente che ha portato all’identificazione e all’arresto dei responsabili.L’aggressione, avvenuta il 12 dicembre, non è stata un semplice atto di rapina, ma un’esplosione di violenza che ha avuto conseguenze fatali. Le modalità dell’attacco, che hanno visto l’impiego sia di percussioni manuali che di oggetti contundenti – un coltello e una bottiglia rotta – testimoniano una premeditazione e una ferocia che vanno oltre la mera ricerca di denaro. La ferita più grave, probabilmente causata dalla bottiglia infranta, si è rivelata determinante nel tragico epilogo.Le indagini, protratte nel tempo e caratterizzate da una meticolosa raccolta di prove, suggeriscono che il movente alla base dell’aggressione potrebbe essere riconducibile a dinamiche legate al consumo e al traffico di sostanze stupefacenti, un elemento che complica ulteriormente il quadro e introduce elementi di contesto socio-culturale rilevanti. La giovane età dei responsabili, prevalentemente minorenni, solleva interrogativi urgenti sulle cause profonde che possono spingere adolescenti a commettere atti di tale gravità, richiedendo un’analisi a tutto tondo che tenga conto di fattori individuali, familiari e ambientali.I cinque minorenni recentemente colpiti dai provvedimenti restrittivi sono stati collocati in strutture di accoglienza sparse sul territorio nazionale – Veneto, Campania e Calabria – in un tentativo di garantire la loro riabilitazione e di proteggere la comunità. La vicenda pone l’attenzione sulla necessità di rafforzare le politiche di prevenzione e di contrasto alla criminalità minorile, promuovendo programmi di educazione, di supporto psicologico e di reinserimento sociale, al fine di offrire ai giovani percorsi alternativi alla violenza e alla devianza. L’intera vicenda rappresenta un monito per la società, esortando a una riflessione profonda sulle cause della criminalità e sulla necessità di investire in un futuro più sicuro e giusto per tutti. La giustizia, ora, si appresta a fare il suo corso, ma la ferita aperta nella comunità trevigiana richiederà tempo e impegno per rimarginarsi.

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