Un’articolata rete di frodi, tessuta tra Trentino-Alto Adige, Veneto e Lombardia, ha permesso a un gruppo di imprenditori e professionisti di sfruttare la manodopera a costi irrisori, depauperando il sistema previdenziale e generando profitti illeciti di rilevante entità. L’operazione, smascherata da un’indagine della Guardia di Finanza di Bolzano sotto la direzione della Procura, rivela un sistema complesso di società fittizie, appalti non genuini e fatture false, orchestrato con l’obiettivo di erodere il costo del lavoro e ricollocare capitali all’estero.Al centro del sistema, due imprenditori – uno originario dell’Alto Adige e l’altro campano – e un consulente fiscale napoletano, indagati per associazione a delinquere, frode fiscale e sfruttamento del lavoro. L’imprenditore altoatesino, figura chiave, fungeva da ponte tra i soci campani e le aziende committenti, assicurando un flusso costante di richieste di manodopera.Il meccanismo fraudolento si fondava su una piramide di società, molte delle quali ditte individuali di breve durata, gestite da persone vulnerabili e indotte a fornire una copertura formale in cambio di compensi minimi. Queste “scatole vuote” emettevano fatture false a cooperative che agivano come intermediari nel reclutamento e nella fornitura di lavoratori. Un numero superiore a ottocento lavoratori è stato impiegato in modo irregolare, generando un volume di fatture false che supera gli ottanta milioni di euro e consentendo ai responsabili di accumulare profitti illeciti stimati in oltre quattordici milioni.Le cooperative, costituendo il secondo livello della struttura fraudolenta, offrivano manodopera a prezzi drasticamente inferiori rispetto ai valori di mercato, beneficiando di una forte domanda da parte di aziende della grande distribuzione. Queste ultime, secondo gli inquirenti, erano pienamente consapevoli della natura artificiosa dei contratti d’appalto, sfruttando la situazione per eludere gli obblighi derivanti dai contratti collettivi nazionali del lavoro (CCNL). Questo approccio consentiva loro di evitare l’assunzione diretta di personale, con conseguente risparmio sui costi amministrativi, la gestione dei diritti dei lavoratori (ferie, permessi, malattia) e, soprattutto, una significativa riduzione del carico fiscale, grazie alla possibilità di compensare l’IVA pagata con quella indicata nelle fatture relative a operazioni inesistenti.L’indagine ha portato all’arrestamento domiciliare dei tre principali indagati e ha coinvolto complessivamente ventinove persone sottoposte a indagine. Le complesse dinamiche finanziarie e legali, unite all’ingente somma di denaro movimentata, rendono l’operazione particolarmente complessa da dirimere e promette di svelare ulteriori livelli di coinvolgimento e complicità. Il caso solleva interrogativi cruciali sulla governance delle catene di fornitura, la responsabilità sociale delle imprese e l’efficacia dei controlli sul mercato del lavoro.
Truffa tra Trentino, Veneto e Lombardia: sfruttamento, fatture false e 80 milioni di euro.
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