29 aprile 2025 – 16:43
Il caso della Talidomide torna a far parlare di sé, riaprendo vecchie ferite e suscitando emozioni nei destinatari delle sue conseguenze. Il tribunale del lavoro di Alessandria e la Corte d’appello di Torino hanno recentemente pronunciato una sentenza che ha riconosciuto un diritto all’indennizzo per un uomo piemontese affetto da “sindrome da Talidomide”. L’uomo, cinquantenne, è nato con una grave malformazione al braccio sinistro, compatibile con gli effetti del farmaco. Il Ministero della Salute si era opposto alla richiesta di indennizzo, sostenendo la mancanza di prova del nesso causale tra l’assunzione della Talidomide dalla madre e le malformazioni del figlio.La storia dell’uomo è legata alla vendita della Talidomide in Italia, avvenuta tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli Sessanta. Il farmaco era stato utilizzato per le donne incinte, ma era noto per i suoi gravi effetti collaterali. Nel 2017, l’uomo aveva presentato la richiesta di indennizzo presso la Commissione competente, che inizialmente si era espresso favorevolmente ma poi si era ritirato sostenendo mancasse la prova del nesso causale.L’uomo citò quindi in giudizio il Ministero della Salute, avvalendosi dell’assistenza degli avvocati Erika Finale e Renato Ambrosio, che si sono avvalsi della consulenza tecnica del dottor Raffaele Barisani. Il caso è stato dibattuto nei due gradi di giudizio, con toni talvolta aspri. La Corte d’appello ha riconosciuto il diritto dell’uomo all’indennizzo, sostenendo che la dimostrazione del nesso causale non era necessaria per i soggetti affetti da malformazioni compatibili con la sindrome.Il punto di forza della difesa è stato quello di mettere in luce come il diritto all’indennizzo spetta anche ai soggetti che presentano malformazioni compatibili con la sindrome, indipendentemente dall’epoca di nascita. Inoltre, si è sottolineato come la Talidomide rimase in circolazione anche dopo il ritiro ufficiale, come prodotto da banco e come galenico.La discussione è stata piuttosto accesa, con la controparte che ha sostenuto di non poter determinare con certezza il nesso causale tra l’assunzione della Talidomide e le malformazioni del figlio. Tuttavia, la Corte d’appello ha respinto questa obiezione, riconoscendo che la monolateralità delle malformazioni è stata dimostrata dalla letteratura scientifica.La sentenza finale è stata depositata nei giorni scorsi e consente all’uomo di reclamare circa un milione di euro per gli arretrati dal 2008, più una somma per ogni bimestre da qui in avanti. Gli avvocati del ricorrente hanno dichiarato che le somme dovute non sono state ancora versate e che continueranno a difendere i diritti dei loro clienti.