La questione relativa all’acquisizione di Banco BPM da parte di Unicredit, e in particolare l’esercizio del potere d’intervento (golden power) ad opera del Governo italiano, si appresta a sollevare un’importante disputa di competenza a livello europeo.
A Bruxelles si fa sentire la preoccupazione per le limitazioni imposte dall’esecutivo italiano, che rischiano di compromettere il principio fondamentale della libera concorrenza sancito dal diritto comunitario.
Secondo le normative europee in materia di concentrazioni, in particolare il Regolamento (UE) n.
1337/2008, è la Commissione Europea l’organo esclusivo legittimato a definire e imporre condizioni stringenti a operazioni di questo genere, qualora si ravvisino potenziali impatti negativi sulla struttura del mercato e sull’efficienza della concorrenza.
Il potere d’intervento nazionale, pur esistente, deve operare nel pieno rispetto delle disposizioni comunitarie e non può limitare l’azione della Commissione.
La lettera che la Commissione intende inviare al Governo italiano non costituisce un provvedimento definitivo, bensì un atto di avviso formale, un’occasione per l’esecutivo italiano di presentare le proprie motivazioni e giustificare le restrizioni introdotte.
Questa fase preliminare di dialogo è cruciale per chiarire i termini della disputa e valutare la compatibilità delle misure nazionali con il diritto dell’Unione.
Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dei limiti del golden power e nella sua applicazione a operazioni bancarie di rilevanza comunitaria.
La Commissione europea teme che l’intervento italiano possa creare un precedente pericoloso, incentivando altre nazioni a erigere barriere protezionistiche a scapito del mercato unico.
L’invio della lettera, previsto imminente, segna l’inizio di un processo potenzialmente complesso, che potrebbe sfociare in una formale procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.
In questo scenario, la Commissione potrebbe richiedere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi sulla legittimità delle restrizioni imposte.
Al di là dell’esito immediato, questa vicenda solleva interrogativi più ampi sulla governance economica dell’Eurozona e sulla necessità di un coordinamento più stretto tra le politiche nazionali e quelle europee nel settore finanziario.
L’operazione Unicredit-Banco BPM diventa quindi un banco di prova per la capacità dell’Unione Europea di garantire la coerenza e l’efficacia del proprio quadro normativo.
La situazione è in evoluzione e le prossime settimane saranno decisive per comprendere l’impatto di questa disputa sulla stabilità del sistema bancario italiano e sull’architettura del mercato unico.