martedì, 8 Luglio 2025
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Vent’anni di carcere per la morte di Manuel Mastrapasqua: la richiesta del PM.

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Il processo per la tragica scomparsa di Manuel Mastrapasqua, giovane di 31 anni strappato alla vita a Rozzano l’11 ottobre, ha raggiunto una fase cruciale con la requisitoria del pubblico ministero presso la procura di Milano. L’accusa, in un atto che segna profondamente la vicenda, ha richiesto una pena detentiva di vent’anni nei confronti di Daniele Rezza, ritenuto responsabile dell’omicidio. Un destino segnato da una banale, incommensurabile sproporzione: la perdita di una giovane vita per una banale contesa legata a un paio di cuffie wireless di scarso valore economico.La richiesta di condanna, pur nella sua severità, si caratterizza per una specifica valutazione giuridica. Il pubblico ministero ha espresso il parere di esclusione di tutte le aggravanti precedentemente formulate nei confronti dell’imputato. Questa scelta, apparentemente paradossale in un caso di omicidio, riflette una complessa analisi delle dinamiche e delle motivazioni che hanno portato al tragico evento. Si ipotizza una riduzione della gravità del reato, non negando la responsabilità di Rezza, ma contestualizzandola in un quadro di impulsività e rabbia incontrollata, piuttosto che in un premeditato disegno criminale.L’eventuale riconoscimento delle attenuanti generiche, previsto nella richiesta, rappresenterebbe un ulteriore elemento di mitigazione della pena. Queste attenuanti, sancite dal codice penale, sono applicabili in tutti i casi in cui il giudice ritenga che il comportamento dell’imputato presenti elementi di umanità, di pentimento, o di altre circostanze che ne attenuino la responsabilità morale. Il caso Mastrapasqua solleva, al di là della specifica vicenda giudiziaria, interrogativi profondi sulla crescente banalizzazione della violenza, sulla perdita di valori e sulla facilità con cui una lite, per quanto effimera, può sfociare in una tragedia irreparabile. L’episodio, amplificato dai media e diventato simbolo di una deriva sociale, impone una riflessione collettiva sulla necessità di promuovere una cultura del rispetto, dell’empatia e della pacifica risoluzione dei conflitti, soprattutto tra i giovani. La condanna, se pronunciata, dovrà non solo fare giustizia per Manuel e i suoi cari, ma anche rappresentare un monito per l’intera comunità.

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