25 maggio 2025 – 18:22
La recente vicenda relativa all’anticipazione del minuto di silenzio durante la commemorazione della Strage di Capaci, e le successive reazioni, sollevano interrogativi profondi sul rispetto della memoria e sulla gestione della stessa. Accogliamo con favore le scuse di Pietro Grasso, che dimostrano un senso di responsabilità. Tuttavia, la risposta della Fondazione Falcone, definita superficiale e imprecisa, non può essere ignorata né accettata come un semplice errore.La minimizzazione dell’accaduto, dipingendolo come una mera “papera”, appare inaccettabile per i promotori del corteo – Our Voice, Collettivo Attivamente, Giovani Cgil Palermo, Udu Palermo, Collettivo Rutelli, Sindacato Regina Margherita e Collettivo Sirio – e per la cittadinanza intera. Un gesto che, al di là della sua natura tecnica, rischia di sminuire il significato intrinseco della commemorazione, un momento di raccoglimento e di riflessione collettiva volto a onorare le vittime e a ribadire l’impegno per la giustizia e la legalità.L’onere della spiegazione e delle scuse adeguate ricade ora su Maria Falcone, presidente della Fondazione. Scaricare la responsabilità su Pietro Grasso è una strategia insostenibile, considerando che l’organizzazione dell’evento era saldamente nelle mani della Fondazione. Il corteo, animato da un grido di speranza e di cambiamento – “Fuori la mafia dallo Stato” – ha assistito a un allontanamento frettoloso di Fondazione e autorità, un gesto percepito come mancanza di rispetto e di partecipazione. La testimonianza di Giovanni Paparcuri, figura di spicco nel passato della lotta alla mafia, offre un resoconto vivido di questo allontanamento inatteso.Questa nuova controversia si aggiunge a un precedente episodio del 2023, quando l’intervento delle forze dell’ordine con metodi discutibili aveva già lasciato una cicatrice nella comunità. In quell’occasione, la mancanza di una dichiarazione di solidarietà da parte della Fondazione Falcone aveva amplificato il senso di disillusione. La ripetizione di un comportamento simile, con un comunicato stampa che si è rifugiato in una frase ambigua e potenzialmente offensiva (“la memoria non è un cronometro”), non fa che acuire il distacco tra la Fondazione e le istanze sentite dalla cittadinanza.Si percepisce, sempre più chiaramente, una frattura profonda: un’immagine di isolamento e indifferenza che la Fondazione Falcone restituisce alla città, un’immagine che mina il suo ruolo di custode della memoria e promotrice di un futuro libero dalla mafia. È imperativo che si intraprenda una profonda riflessione interna, abbandonando atteggiamenti autoreferenziali e aprendosi a un dialogo costruttivo con le realtà civiche e giovanili che animano la lotta alla mafia, per restituire alla città un’immagine di vicinanza, trasparenza e reale impegno per la giustizia. La memoria delle vittime non può essere strumentalizzata né relegata a un mero esercizio di facciata.