martedì 12 Agosto 2025
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Addio Simona: la testimonianza struggente di una compagna.

L’eco della musica pulsava ancora nell’aria quando Francesca Evola, giovane pallavolista, ha visto Simona Cinà per l’ultima volta.
Un’immagine impressa nella mente, un frammento di felicità ora macchiato da un dolore lancinante.

Era la notte di una festa di laurea a Bagheria, e Simona, radiosa e piena di vita, ballava vicino alla console del dj, promettendo una nuova partita al campo il giorno successivo.
“Ci siamo divertite tanto, abbiamo ballato e giocato a palla in piscina tutta la notte,” ricorda Francesca, testimoniando un’atmosfera di spensieratezza e cameratismo.

La serata era nata da un intenso periodo di allenamenti, culminata con una pizza condivisa con l’intera squadra della Gala Sport Academy.

Francesca, sentendo il bisogno di riposo, aveva lasciato la festa verso le 3:20, un addio precoce che ora la tormenta con un senso di colpa profonda.
Se fosse rimasta, si chiede, avrebbe potuto cogliere i primi segnali di un malessere, un sintomo inatteso che si è poi tragicamente manifestato.
“La serata era tranquilla, molti erano già andati via,” racconta Francesca, descrivendo un’atmosfera che suggeriva una diminuzione dell’energia festosa.

La decisione di andarsene, apparentemente banale, ora si tinge di una gravità insopportabile.

Ricorda le risate, il gioco in acqua, la spensieratezza che permeava l’aria.

Il gioco in piscina, con cocktail in mano, era diventato un rituale, una forma di evasione condivisa tra i giovani atleti.
“Abbiamo bevuto, ma nessuno ha ecceduto,” precisa Francesca, tentando di delineare un quadro di moderazione e divertimento sano, lontano da eccessi e comportamenti rischiosi.
La scomparsa di Simona, una giovane donna descritta come vibrante e in perfetta salute, ha generato interrogativi e smarrimento.

La piscina, con la sua profondità contenuta, un ambiente familiare dove tutti potevano toccare il fondo, non avrebbe dovuto rappresentare un pericolo.

“Simona stava benissimo,” insiste Francesca, esprimendo l’incredulità di fronte a una perdita così inaspettata.

La sua abilità eccezionale in tutti gli sport, la sua naturale predisposizione al movimento e al nuoto, rendono ancora più dolorosa e incomprensibile la tragedia.
Oltre al dolore personale, la vicenda solleva interrogativi più ampi sulla sicurezza durante eventi pubblici, sulla responsabilità collettiva e sulla fragilità della vita.
La testimonianza di Francesca Evola è un grido di dolore, un appello a riflettere e a non lasciare che una gioia così intensa si trasformi in un ricordo amaro e irredimibile.
Un monito per il futuro, un impegno a onorare la memoria di Simona attraverso un atteggiamento più consapevole e responsabile.

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