La Prefettura di Agrigento, in un gesto di profonda umanità e sollecitudine, ha coordinato la distribuzione dei resti di dieci persone, tra cui una neonata di appena undici mesi, in diverse località del territorio agrigentino.
Un compito gravoso, che testimonia la persistenza di una tragedia silenziosa e la necessità di accogliere con dignità chi, provenendo da contesti di estrema difficoltà, ha cercato un futuro migliore nel nostro Paese.
Canicattì accoglierà la neonata e altri due adulti; Palma di Montechiaro tre; Grotte, due; Castrofilippo, uno; e Joppolo Giancaxio, un altro.
Questa suddivisione, frutto della collaborazione e dell’altruismo dei sindaci locali, riflette un impegno condiviso verso l’umanità dei migranti che hanno perso la vita in mare.
I feretri, giunti a Porto Empedocle a bordo del traghetto Las Palmas, sono ora in transito verso i luoghi di sepoltura.
Per Canicattì, la responsabilità di accogliere questa tragedia non è nuova: la città ha già ospitato la sepoltura di un numero consistente di migranti, stimato tra i 130 e i 140.
“La nostra disponibilità è costante,” afferma il sindaco Vincenzo Corbo, la cui voce tradisce la profonda commozione suscitata da un’emergenza che si ripete con spietata regolarità.
“È un dovere morale, un atto di solidarietà verso chi, lasciando alle spalle guerre, povertà e disperazione, cerca una vita dignitosa,” prosegue il sindaco, sottolineando la drammatica portata di questa perdita.
“È facile dimenticare, lasciarsi assorbire dalla routine, ma queste immagini, queste storie, ci scuotono nel profondo.
“Il sindaco Corbo rievoca con amarezza episodi che lo hanno segnato nel corso del suo mandato.
Ricorda la prima consiliatura, nel 2007, quando fu costretto ad accogliere undici bare, celebrando un rito funebre collettivo nella chiesa Madre.
“È un’esperienza devastante, sentirsi impotenti di fronte a una perdita così immane, soprattutto quando si tratta di persone ridotte a un numero, prive di identità, di storia, di affetti.
“Un ricordo particolarmente doloroso è quello di una notte, all’una e mezza, quando la Questura lo contattò per assistere una famiglia proveniente dall’Inghilterra alla ricerca del loro caro scomparso.
“Aprì personalmente il cimitero, offrendo loro un momento di riconoscimento e di addio.
Era un giovane, alto quasi due metri, un uomo pieno di vita, strappato all’affetto dei suoi cari in circostanze terribili.
“Questi episodi, e molti altri simili, testimoniano la complessità di una crisi migratoria che continua a mietere vittime.
La solidarietà dei sindaci agrigentini, l’accoglienza di queste comunità, rappresentano un atto di umanità indispensabile, ma non sufficiente.
È necessario affrontare le cause profonde di questa disperazione, offrendo alternative sicure e dignitose a chi intraprende viaggi pericolosi alla ricerca di un futuro migliore.
Il silenzio e l’oblio non sono un’opzione.
Ogni persona, ogni storia, merita di essere ricordata e onorata.