La sentenza del Tribunale civile di Roma rappresenta una pietra miliare nella battaglia legale per la tutela delle vittime dell’amianto e solleva un interrogativo urgente sulla responsabilità dello Stato. Il Ministero della Difesa è stato condannato a risarcire con 400.000 euro i familiari di Michele Cannavò, motorista navale della Marina Militare, deceduto prematuramente a causa di un mesotelioma pleurico, una neoplasia maligna inequivocabilmente legata all’esposizione prolungata all’amianto.La vicenda di Cannavò incarna una tragica realtà: decenni di servizio fedele allo Stato, trentaquattro anni trascorsi tra il servizio militare e civile, sono stati pagati con la vita. Originario della provincia di Catania e residente a Siracusa, il motorista navale ha operato in ambienti di lavoro intrinsecamente contaminati, spazi in cui la sicurezza e la protezione non erano una priorità. Dalle profondità dei motori, alle corsie di manutenzione, ai rivestimenti delle condotte, fino agli angusti spazi di vita a bordo delle navi, Cannavò è stato costantemente esposto a un invisibile nemico: le fibre di amianto. L’elenco delle unità navali e delle strutture militari in cui ha prestato servizio – tra cui la Nave Albatros e il Moc 1201, oltre all’Arsenale Militare di Augusta – testimonia l’ampiezza e la pervasività del rischio.La malattia, diagnosticata nel 2019, ha avuto un decorso fulminante, con la morte sopraggiunta solo due mesi dopo. La decisione dell’INAIL nel riconoscere il nesso causale tra l’infermità e le mansioni svolte in Marina, durante il servizio civile, avvalida la gravità della negligenza istituzionale e sottolinea la necessità di un’analisi critica delle procedure di sicurezza e delle valutazioni del rischio adottate nel tempo.Il risarcimento economico, pur non potendo colmare il vuoto lasciato dalla perdita di Michele, rappresenta un importante riconoscimento di giustizia per la sua famiglia e un segnale inequivocabile verso un futuro più sicuro per tutti i lavoratori esposti all’amianto. Come sottolinea Ezio Bonanni, presidente dell’osservatorio nazionale amianto e legale dei familiari, questa sentenza è un passo avanti cruciale nella tutela delle vittime e nella spinta verso una bonifica definitiva dell’amianto da navi e arsenali militari. Si tratta di un obbligo morale e legale che impone un cambio di paradigma nella gestione del rischio amianto e un impegno concreto per la salute e la sicurezza dei lavoratori, non solo nel settore militare, ma in tutti i comparti produttivi ancora affetti da questa drammatica eredità. La vicenda Cannavò, quindi, si configura come un monito e un catalizzatore per un’azione più incisiva e lungimirante.
Amianto, sentenza storica: lo Stato condannato a risarcire
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