L’Anief, associazione sindacale di primaria importanza nel panorama scolastico italiano, ha ottenuto un significativo riconoscimento dal Comitato Europeo dei Diritti Sociali, un organismo chiave del Consiglio d’Europa.
L’accoglimento del reclamo numero 200/2021 denunzia una pratica consolidata e problematica: l’utilizzo eccessivo e improprio di contratti a termine per la copertura dei posti di sostegno, una figura professionale cruciale per l’inclusione degli alunni con disabilità.
Questa decisione europea sottolinea una violazione della Convenzione del Lavoro collettivo europeo, evidenziando come l’Italia non stia garantendo diritti fondamentali legati all’istruzione e all’inclusione.
Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, ha esplicitamente dichiarato che l’uso diffuso di queste figure precarie compromette il diritto allo studio degli studenti con bisogni educativi speciali, generando un impatto negativo sulla qualità dell’istruzione offerta.
Il pronunciamento europeo impone all’Italia, entro il 2028, un radicale cambio di rotta.
Il Parlamento italiano dovrà implementare strategie concrete per la stabilizzazione di almeno 100.000 docenti di sostegno specializzati, trasformando i numerosi posti in deroga attualmente assegnati annualmente.
Questa necessità si configura come un imperativo non solo legale, ma anche etico, volto a garantire una continuità didattica e un’esperienza di apprendimento di qualità per gli alunni con disabilità.
La battaglia dell’Anief, costante nel corso degli anni, si è sviluppata su molteplici fronti.
Dalle azioni legali presso i tribunali italiani, culminate nella sentenza di costituzionalità che ha fissato dei limiti all’utilizzo dei posti in deroga, fino ai reclami presentati alle istituzioni europee, il sindacato ha incessantemente promosso il diritto allo studio e contrastato la precarietà.
Il recente successo europeo conferma la correttezza della strategia adottata.
Le iniziative intraprese dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, guidato da Giuseppe Valditara, come i corsi di specializzazione promossi in collaborazione con Indire e la possibilità per le famiglie di confermare i posti, rappresentano passi apprezzabili, ma insufficienti a risolvere la problematica strutturale.
Il nodo cruciale rimane la costante assegnazione, in regime di supplenza, di una quota significativa (quasi la metà dell’organico complessivo) dei posti di sostegno, una scelta dettata da logiche di bilancio che l’Europa giudica inaccettabile.
L’Italia si trova ora di fronte a una scadenza triennale per adeguarsi alle richieste europee.
Il mancato rispetto di queste richieste potrebbe innescare una nuova procedura di infrazione da parte della Commissione Europea, con il rischio di sanzioni pecuniarie significative.
Questa situazione sottolinea l’urgenza di un intervento legislativo e amministrativo che superi la logica emergenziale e garantisca una stabilità e una qualità dell’offerta formativa nel settore del sostegno, in linea con gli standard europei e con il diritto fondamentale all’istruzione inclusiva.






