martedì 7 Ottobre 2025
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Assolto Lo Iacono: Interrogativi sulla fragilità delle prove a Palermo

La recente sentenza della quarta sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Bruno Fasciana, ha assolto Mirko Lo Iacono, giovane residente nel quartiere Zen, da accuse gravissime: due tentativi di omicidio aggravati da metodo mafioso e detenzione illegale di arma.
Un verdetto che, pur nella sua apparente semplicità, solleva interrogativi complessi sulla fragilità delle prove in contesti di faida e sulla necessità di un’indagine approfondita per distinguere la colpevolezza dalla mera prossimità in aree ad alta criminalità.

Lo Iacono, assistito dagli avvocati Giovanni Castronovo e Riccardo Bellotta, si è visto slegato dalle accuse che lo vedevano coinvolto in due episodi violenti, entrambi seguiti da una spirale di tensioni che hanno lacerato il quartiere Zen.
Il primo episodio, del 23 marzo 2021 in via Patti, vedeva come presunti obiettivi Giuseppe, Antonino e Fabrizio Colombo e prevedeva la partecipazione, secondo l’accusa, di Litterio, Pietro e Vincenzo Maranzano e Nicolò Cefali, tutti riconosciuti colpevoli con il rito abbreviato e condannati in via definitiva.

Il secondo, del 20 novembre 2021 in via Rocky Marciano, coinvolgeva, sempre secondo l’accusa, Lo Iacono in concorso con un individuo ancora non identificato, con lo stesso obiettivo dei Colombo e Maria Terzo.

La richiesta d’accusa della Procura aveva paventato una pena detentiva di ventitré anni, un’affermazione che si è rivelata incompatibile con l’esame approfondito delle prove.

La difesa ha saputo argomentare con efficacia le debolezze del quadro induttivo, concentrando la propria strategia sulla messa in discussione della credibilità delle persone offese, in particolare Giuseppe Colombo e la sua compagna, le cui dichiarazioni avevano inizialmente indicato, oltre a Lo Iacono, anche Attanasio Fava e Giovanni Cefali come membri del commando.
L’archiviazione della posizione di Fava, grazie alla prova inconfutabile della sua presenza presso la propria attività commerciale al momento del tentato omicidio Colombo, ha rappresentato un punto cruciale.
Analogamente, l’assoluzione di Cefali, ottenuta dalla Corte d’Appello di Palermo dopo un’annullamento con rinvio della Cassazione, ha corroborato la tesi difensiva sulla fragilità delle testimonianze.

Un elemento significativo è risultato l’esame critico delle intercettazioni telefoniche e ambientali che avevano portato all’arresto di Lo Iacono.
La difesa ha dimostrato come tali intercettazioni, pur esistenti, fossero generiche, prive di un contesto specifico che le collegasse in modo univoco ai fatti contestati.

Questo aspetto solleva una questione di principio: la necessità di una maggiore cautela nell’utilizzo di prove intercettorie, soprattutto in aree caratterizzate da un elevato livello di criminalità, dove le relazioni sociali sono spesso complesse e ambigue.

La sentenza non è solo un’assoluzione per Mirko Lo Iacono; è un monito per il sistema giudiziario, un invito a rafforzare i criteri di valutazione delle prove in contesti segnati dalla violenza e dall’omertà, e a garantire che l’accusa di reati gravi come l’associazione mafiosa sia supportata da elementi di prova concreti e inconfutabili.

Il caso sottolinea la difficoltà di distinguere, in tali circostanze, la partecipazione attiva a un crimine dalla semplice vicinanza a persone coinvolte in attività illecite.

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