Il velo del dolore avvolge ancora la famiglia Maniscalco, a un mese dalla perdita di Aurora, giovane hostess spentasi a soli vent’anni.
La sua scomparsa, inizialmente percepita come un tragico evento naturale, si è rivelata ben presto il risultato di una sequenza di eventi oscuri e inquietanti, che ora emergono a frammenti, tra il cordoglio e la rabbia.
Il padre, Francesco Maniscalco, ancora profondamente scosso dal lutto e dalla drammaticità della situazione, ha rilasciato dichiarazioni che gettano una luce sinistra sulla vicenda.
Il referto medico dell’ospedale Villa Sofia Cervello, ricevuto solo successivamente alla morte, parla esplicitamente di “aggressione fisica” subita dalla giovane.
Una rivelazione che ha sconvolto ulteriormente una famiglia già lacerata dal dolore.
Aurora, come spesso accade nelle dinamiche giovanili, aveva preferito mantenere il segreto.
Il padre, Francesco, ammette con amarezza di essere stato tenuto all’oscuro sia della gravidanza interrotta, che dell’episodio violento.
Solo in seguito, la ex moglie ha fornito ulteriori dettagli, accennando a momenti di forte tensione tra i giovani coinvolti, insinuando, seppur in modo indiretto, la possibilità di un’aggressione.
Il silenzio, però, è ciò che più brucia.
La mancanza di qualsivoglia segno di partecipazione e rispetto da parte della famiglia del giovane coinvolto nell’aggressione, si fa sentire come un’ulteriore ferita.
Nessun fiore, nessuna parola di conforto, nessun gesto di cordoglio.
Un’assenza che suggerisce un tentativo di eludere le responsabilità e di nascondersi dietro la reticenza, forse intimorita dall’eco mediatica che la vicenda ha generato.
L’avvocato Alberto Raffadale è stato incaricato di ricostruire dettagliatamente la dinamica degli eventi del maggio scorso, tentando di chiarire le circostanze che hanno portato a quella tragica conclusione e, soprattutto, le ragioni per cui il referto medico che denunciava l’aggressione non ha innescato un’indagine preliminare.
Un punto cruciale che solleva interrogativi sulla tempestività e l’efficacia dei protocolli sanitari e delle procedure investigative.
La vicenda di Aurora Maniscalco, oltre ad essere un’indicazione straziante di una perdita irreparabile, emerge come un monito sulla fragilità delle giovani vite, sulla difficoltà di affrontare situazioni delicate in un contesto spesso caratterizzato da segreti e silenzi, e sull’importanza di garantire un supporto adeguato e di tutelare la verità, anche quando scomoda e dolorosa.
La ricerca della verità, in questo momento, è l’unico modo per onorare la memoria di Aurora e per cercare, forse, un barlume di giustizia.