Il dolore di Giada Cucina, madre di Aurora Maniscalco, si fa sentire, acre e persistente, a distanza di mesi dalla tragica scomparsa della figlia a Vienna.
 La riapertura delle indagini getta nuova luce su una vicenda intricata, avvolta da ombre e sospetti che si addensano attorno alla figura di Elio Bargione, il compagno di Aurora.
 Giada ha lottato, con ogni mezzo, per proteggere la figlia da un pericolo percepito, un’intuizione materna che si scontrava con l’ostinata convinzione di Aurora.
“Ho cercato di dirle che Elio non mi convinceva, che c’era qualcosa che non andava, ma lei si arrabbiava, mi respingeva,” racconta, la voce rotta dal dolore.
La figlia, giovane e innamorata, sembrava impermeabile alle preoccupazioni della madre, negando categoricamente la possibilità di una violenza.
I segni fisici, inizialmente minimizzati, hanno poi rivelato una realtà inquietante.
“Ho visto un livido, poi un morso.
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 lei indossava pantaloncini corti.
 Diceva che stavano giocando, ma io non ho mai creduto che fossero incidentali,” confessa Giada, descrivendo un crescendo di angoscia e frustrazione.
La madre percepiva un sadismo latente, una dinamica di potere distorta che Aurora, per qualche ragione, si sforzava di nascondere o razionalizzare.
 Questa dinamica suggerisce una complessità relazionale che va ben oltre la semplice innamoramento, forse un tentativo di Aurora di comprendere e controllare una figura disturbata.
Anche la zia di Aurora, Ninfa Maniscalco, condivide il senso di profondo turbamento e la necessità di verità.
 “Quattro mesi di attesa, quattro mesi di speranza che si trasformino in certezza,” esprime Ninfa, la cui angoscia si intreccia con la sete di giustizia.
 La giustizia non potrà restituire Aurora, ma può almeno dissipare le ombre e svelare le responsabilità.
Il racconto di Elio Bargione, fin dalle prime ore, ha sollevato dubbi e incongruenze.
La versione di un tentativo di suicidio sventato tre volte, la lunga attesa prima di chiamare i soccorsi, le comunicazioni tramite il telefono di Aurora – ogni dettaglio contribuisce a dipingere un quadro di opacità e possibili manipolazioni.
Il ritardo di dieci ore prima di allertare le autorità, l’incongruenza di un messaggio indirizzato al fratello di Aurora, il freddo distacco con cui Elio ha comunicato la notizia della morte – tutti questi elementi alimentano il sospetto di un tentativo di occultare la verità.
La riapertura delle indagini offre una nuova possibilità di esaminare prove, ascoltare testimonianze e ricostruire la dinamica degli eventi di quella tragica notte viennese.
La speranza è che la giustizia faccia il suo corso, offrendo una qualche forma di pace alla famiglia di Aurora Maniscalco e dissipando per sempre le ombre che avvolgono la sua scomparsa.
L’analisi forense, l’esame delle comunicazioni digitali e la valutazione della coerenza delle dichiarazioni di Elio Bargione potrebbero rivelare dettagli cruciali per accertare la verità e fare luce su una vicenda così dolorosa.



 
                                    


