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Avvocato arrestato a Palermo: tentata introduzione di cellulare in carcere

Nel contesto della sorveglianza carceraria, un episodio di tentata introduzione di dispositivo proibito ha coinvolto un avvocato brindisino, Benedetto Romano, 41 anni, arrestato dagli agenti della Polizia Penitenziaria presso il carcere di Pagliarelli, a Palermo.

L’episodio solleva interrogativi significativi sulla vulnerabilità del sistema carcerario e sui tentativi, purtroppo ricorrenti, di eludere i controlli.
L’avvocato Romano, difensore di Gianluca Lamendola, un detenuto pugliese rinviato a giudizio e attualmente accusato di associazione a delinquere con l’associazione segreta “Sacra Corona Unita” – con una condanna di primo grado che lo vede proiettato verso vent’anni di reclusione – era in programma per un colloquio con il suo assistito.
Durante la procedura, l’acuta osservazione e la professionalità degli agenti di polizia penitenziaria hanno permesso di intercettare il passaggio di un piccolo cellulare, un oggetto assolutamente vietato all’interno del carcere.

L’evento, catalogato come arresto in flagranza di reato, si inserisce in un quadro più ampio di problematiche legate alla sicurezza carceraria e alla capacità di contrastare l’introduzione di strumenti di comunicazione illecita.

La possibilità per i detenuti di accedere a dispositivi esterni rappresenta una minaccia concreta per l’ordine e la sicurezza all’interno del carcere, e, potenzialmente, per l’integrità delle indagini in corso.

Questo episodio sottolinea l’importanza cruciale del lavoro svolto quotidianamente dagli agenti penitenziari, spesso in condizioni di elevato stress e con risorse limitate.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Palermo, guidata dalla sostituto procuratore Ilaria De Somma, mirano ora a fare luce sulle motivazioni che hanno spinto l’avvocato Romano a tentare l’introduzione del cellulare, e a verificare se l’azione sia stata compiuta in maniera autonoma o se facesse parte di un disegno più ampio.

L’avvocato è assistito dal collega Massimo Manfreda, che ne seguirà la difesa in vista dell’udienza prevista per il 30 settembre dinanzi al tribunale di Palermo.

Il caso solleva anche questioni etiche e deontologiche riguardanti la professione forense e il ruolo dell’avvocato, chiamato a garantire il diritto alla difesa, ma anche a rispettare i limiti imposti dalla legge e dalle regole carcerarie.
L’evento evidenzia, inoltre, la necessità di una riflessione più ampia sulle misure di sicurezza da adottare all’interno degli istituti penitenziari, per garantire la sicurezza del personale, dei detenuti e della collettività.

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