lunedì, 2 Giugno 2025
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Bonafede, la rete di ombre al servizio di Messina Denaro

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L’ombra del capofamiglia: Conferma di condanna per Bonafede, l’ingranaggio dell’identità fittizia al servizio di Messina Denaro e la rete di complicità mafiosa nel TrapaneseLa sentenza della Corte d’Appello di Palermo restituisce fermezza alla condanna a 14 anni per Andrea Bonafede, figura chiave nel complesso ingranaggio che ha consentito a Matteo Messina Denaro di celare la propria identità per anni. Il geometra di Campobello di Mazara, nipote del potente boss Leonardo Bonafede, è stato riconosciuto colpevole di associazione mafiosa, un verdetto che illumina le dinamiche interne e le reti di supporto che proteggono i vertici dell’organizzazione criminale.La decisione della Corte, a conferma della sentenza di primo grado, getta luce su un meccanismo perverso: la disponibilità di un cittadino, Bonafede, a prestare la propria identità a un latitante di fama internazionale, un atto che va ben oltre la semplice complicità e si inserisce in un quadro di assoluta devozione e fedeltà al clan. Il gesto, facilitato dalla parentela con un capo mafioso di primo piano, rivela l’abilità dell’organizzazione nel sfruttare i legami familiari e le relazioni sociali per perpetrare attività illecite, sfuggendo alla vigilanza delle forze dell’ordine.La vicenda di Bonafede non è un caso isolato, ma un sintomo di una più ampia infiltrazione mafiosa che permea il tessuto sociale ed economico del Trapanese. L’associazione mafiosa, di cui Bonafede è stato riconosciuto partecipe, rappresenta un sistema complesso di relazioni e accordi, basato sulla forza, il silenzio e la paura. La decisione dei magistrati Piero Padova e Gianluca De Leo, che hanno guidato le indagini in primo grado, ha contribuito a smascherare questa rete di complicità e a gettare le basi per ulteriori accertamenti.La sentenza della Corte d’Appello, pur con lo sconto di un terzo della pena grazie all’opzione del rito abbreviato, rappresenta un segnale importante nella lotta alla criminalità organizzata, sottolineando l’importanza di perseguire con fermezza non solo i capi, ma anche coloro che, consapevolmente, si rendono disponibili a facilitarne le attività. L’inchiesta, che ha visto coinvolto Bonafede, apre nuovi interrogativi sul ruolo di altri membri della famiglia Bonafede e sulla capacità del clan di ricostruire una nuova struttura operativa, nonostante i colpi inferti dalle autorità.

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