La tragica vicenda che ha spezzato la giovane vita di Santo Re, trentenne pasticcere apprezzato al noto bar Quaranta di Catania, si configura come un atto violento premeditato e consumato in un contesto di microcriminalità diffusa. Le indagini, avviate immediatamente dopo la scoperta del corpo, si sono avvalse di testimonianze dirette, registrazioni video e risultanze tecniche per ricostruire la dinamica dell’aggressione e identificare il presunto responsabile: un uomo di trentasette anni, originario dello Zimbabwe, già noto alle autorità per attività di posteggio abusivo nella zona di Ognina.Il quadro emerso dagli accertamenti forensi e dalle dichiarazioni dei testimoni è inquietante. Santo Re, al termine del turno lavorativo, si stava recando al proprio veicolo, parcheggiato lungo la discesa che conduce al porticciolo. In questo frangente, l’indagato, con il quale la vittima aveva, a quanto pare, rapporti di conoscenza, si è presentato inaspettatamente. Le testimonianze oculari, supportate dalle immagini di videosorveglianza, descrivono una rapida escalation di violenza: l’uomo ha inferto numerosi fendenti al giovane pasticcere, il quale, pur provando a difendersi, non è riuscito a evitare l’attacco.La gravità delle ferite ha spinto Santo Re a tentare una disperata corsa verso il bar Quaranta, nella speranza di ricevere aiuto. La presenza, in quel preciso momento, di un’ambulanza, pronta per un altro intervento, ha permesso un rapido soccorso e il trasferimento d’urgenza all’ospedale Cannizzaro. Nonostante i tempestivi e intensivi tentativi di rianimazione, il giovane pasticcere si è spento poco dopo, lasciando un vuoto incolmabile nella comunità locale.L’aggressore, dopo aver compiuto il gesto, si è allontanato a piedi, abbandonando sulla scena del crimine l’arma del delitto: un coltello da cucina di notevoli dimensioni, intriso di sangue. Un carabiniere, libero dal servizio e presente nei dintorni, ha recuperato l’arma e l’ha consegnata alle forze dell’ordine.L’analisi minuziosa delle immagini delle telecamere di sorveglianza pubbliche ha consentito agli investigatori di ricostruire con precisione le fasi dell’aggressione, confermando la corrispondenza tra il volto dell’indagato e quello ripreso dalle telecamere. Durante l’arresto, l’uomo ha manifestato uno stato confusionale, pronunciando frasi incoerenti e riferendo il nome della vittima, suggerendo un possibile stato alterato o disturbi psichiatrici, elementi che saranno oggetto di ulteriori approfondimenti.Oltre alle dichiarazioni dei due testimoni oculari, una coppia di giovani presenti nel porticciolo, e delle deposizioni dei colleghi di Santo Re, ricchi di dolore e commozione, sono in corso ulteriori indagini per ricostruire il rapporto tra la vittima e l’aggressore, mettendo in luce eventuali motivazioni che abbiano portato a questo tragico epilogo. L’attenzione delle autorità è ora rivolta alla ricostruzione del percorso che ha condotto l’indagato a compiere un atto così violento, con particolare riferimento alla sua storia personale e al suo coinvolgimento in attività illegali nel territorio catanese, e alla verifica di possibili connessioni con dinamiche di microcriminalità e sfruttamento che affliggono la zona di Ognina.
Catania, omicidio di Santo Re: aggressione premeditata e microcriminalità
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