Un’articolata indagine patrimoniale, incentrata sulle dinamiche di una complessa vicenda giudiziaria, ha portato alla recente confisca, disposta dalla Corte d’Appello di Catania, di beni per un valore complessivo di 185.000 euro riconducibili a Giovanna Genovese, moglie di Mario Umberto De Felice. L’azione cautelare, eseguita dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria (PEF) di Catania, rappresenta un ulteriore tassello in un procedimento legale che vede i coniugi accusati di appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta, in relazione al fallimento della società Corpo di Vigilanza La Celere Srl, evento verificatosi nel 2009.La vicenda ruota attorno alla presunta sottrazione sistematica di risorse da parte dei coniugi a danno della società La Celere, un’organizzazione operante nel settore della vigilanza privata. Secondo le accuse formulate dalla Procura etnea, tale sottrazione si sarebbe concretizzata attraverso il trasferimento di asset aziendali, inclusi portafogli clienti vitali, verso una nuova entità giuridica, La Celere Technology srl. Quest’ultima, pur formalmente gestita da Giovanna Genovese, sarebbe stata, in realtà, sottoposta al controllo di fatto di Mario Umberto De Felice, in qualità di amministratore occulto. Questo meccanismo, secondo l’accusa, mirava a eludere i creditori e a perpetrare un grave danno finanziario.Il percorso investigativo, avviato nel 2012, ha portato inizialmente all’applicazione di misure cautelari, che includevano l’arresto e il vincolo patrimoniale, con il sequestro preventivo delle quote societarie di La Celere Technology srl e di due proprietà immobiliari. La successiva fase processuale, culminata nel 2024 con la condanna di Giovanna Genovese per bancarotta fraudolenta in primo grado, ha fornito elementi a sostegno delle accuse. Attualmente, il procedimento si trova in una cruciale fase di appello. La Corte d’Appello, esaminando attentamente le evidenze raccolte, ha ravvisato la persistente sussistenza del rischio di dispersione del patrimonio disponibile per soddisfare i debiti sociali. Questa valutazione ha giustificato l’emissione del provvedimento di sequestro conservativo, che ha portato all’esecuzione delle Fiamme Gialle, con la perquisizione e il vincolo di otto immobili situati a Catania, Misterbianco e Sant’Agata Li Battiati. L’operazione testimonia la determinazione delle autorità giudiziarie nel tutelare gli interessi dei creditori e nel perseguire comportamenti fraudolenti che pregiudicano l’economia e la trasparenza del sistema imprenditoriale. Il caso solleva interrogativi significativi sulla governance societaria, sulla responsabilità degli amministratori e sull’efficacia dei controlli interni per prevenire abusi e manipolazioni a danno di terzi.
Confisca da 185.000 euro: indagine su De Felice e Genovese
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