La recente eco di una vicenda dolorosa a Corleone, in Sicilia, ha evocato un’immagine potente, quella di una comunità che si erge a baluardo contro l’ombra del passato.
Un’immagine che scuote l’anima, la foto di una piazza gremita, un concentrato di volti che rappresentano un’isola intera, testimoni di una storia segnata dalla ferita profonda della mafia.
In appena due giorni, la mobilitazione ha dimostrato una resilienza e una determinazione che superano la semplice reazione a un’offesa.
L’iniziativa, promossa congiuntamente dall’amministrazione comunale e dal deputato regionale Ismaele La Vardera, leader del movimento Controcorrente, ha visto convergere centinaia di cittadini.
Non si trattava di un raduno casuale, ma di un atto collettivo, un grido di ripudio nei confronti delle parole spietate diffuse attraverso un postcad derivante da un’intervista a Giuseppe Riina, figlio del famigerato Totò Riina.
La rimozione del contenuto online non ha mitigato il dolore e l’indignazione, anzi, ha rafforzato la necessità di una risposta pubblica e tangibile.
La forza di questa manifestazione risiede nella sua composizione eterogenea: parenti delle vittime innocenti, imprenditori che hanno lottato per la legalità, esponenti della società civile, tutti uniti da un filo conduttore – l’insopportabile tentativo di riabilitare una figura che ha incarnato la brutalità e la violenza mafiosa.
La presenza di queste diverse componenti sociali sottolinea come la lotta alla mafia non sia una questione marginale, ma un impegno che coinvolge l’intera comunità siciliana.
La Vardera, con la sua affermazione lapidaria, “La mafia è una montagna di merda”, ha espresso un sentimento condiviso, un giudizio netto e inappellabile che riflette la profonda repulsione verso un fenomeno che ha infettato la Sicilia per decenni.
Questa frase, seppur cruda, racchiude una verità scomoda: la mafia non è un problema del passato, ma una realtà che continua a minacciare il tessuto sociale ed economico dell’isola.
Questa manifestazione corleonese non è solo un atto di protesta contro un’intervista inappropriata, ma è un monito, un segnale forte che dimostra come la memoria delle vittime non può essere offuscata e come la lotta alla mafia debba essere una priorità assoluta.
È un richiamo alla responsabilità collettiva, un invito a non dimenticare, a non cedere alla rassegnazione, ma a continuare a costruire un futuro in cui la legalità e la giustizia prevalgano.
La Sicilia vera, quella che si fa sentire in piazza, è un messaggio di speranza e di rinascita, una promessa di futuro costruita sui valori della verità e del coraggio.