Salvatore Cuffaro, ex governatore siciliano, ha esercitato il diritto di silenzio durante l’udienza odierna, pur avendo inizialmente fornito alcune dichiarazioni spontanee.
Questa scelta strategica, comunicata attraverso una nota congiunta dei suoi legali, Marcello Montalbano e Giovanni Di Benedetto, riflette una necessità impellente: un’analisi approfondita e puntuale del materiale probatorio a sua disposizione prima di affrontare qualsiasi interrogatorio formale.
La complessità del caso, intricato e denso di implicazioni legali, richiede una comprensione esaustiva del quadro accusatorio, in particolare per quanto concerne il contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali.
Il nucleo della decisione di non rispondere risiede anche in una grave incongruenza emersa durante la revisione della prima trascrizione di intercettazione resa disponibile.
Nonostante l’impiego di un consulente tecnico specializzato, incaricato di garantire la massima accuratezza nell’interpretazione del testo, è stato rilevato un errore significativo: l’assenza della parola “soldi” in una frase cruciale che, secondo la trascrizione originale, sarebbe stata pronunciata dallo stesso Cuffaro.
Questa discrepanza solleva seri dubbi sulla correttezza e l’affidabilità dell’intera documentazione, gettando una luce di incertezza sulla configurazione giuridica del reato contestato in compartecipazione con Vetro, Pace e Tomasino.
L’errore, apparentemente minore, incrina la base su cui si fonda l’accusa e pone interrogativi sull’imparzialità del processo di trascrizione e interpretazione delle conversazioni intercettate.
La difesa, durante l’udienza camerale, ha sollevato un’eccezione formale, contestando la sussistenza di elementi sufficienti a delineare la prova di una colpevolezza, anche in via provvisoria, per tutte le accuse formulate.
Inoltre, è stata contestata l’ammissibilità di una relazione di servizio contenente presunte dichiarazioni spontanee attribuite a Cuffaro, dichiarazioni che lo stesso nega categoricamente di aver rilasciato.
Questo atto difensivo punta a invalidare un elemento chiave della prova a carico, argomentando che le dichiarazioni non sono state rese volontariamente e che la relazione di servizio, pertanto, non può essere considerata prova valida.
L’udienza camerale ha dunque rappresentato un momento cruciale, in cui la difesa ha delineato le proprie strategie per smontare le accuse e contestare la validità delle prove presentate dall’accusa, in vista di un processo che si preannuncia complesso e ricco di implicazioni legali.
Il silenzio di Cuffaro, lungi da essere un atto di colpevolezza, si configura come una mossa difensiva ponderata, volta a tutelare i propri diritti e a garantire un giusto processo.







