L’epatocarcinoma, il tumore primario più diffuso nel fegato, rappresenta una sfida clinica complessa a causa della sua aggressività, della rapida progressione e della spesso silente insorgenza.
La ricerca di approcci terapeutici ottimizzati, capaci di preservare la qualità di vita e prolungare la sopravvivenza dei pazienti, rimane una priorità.
Un recente studio, coordinato da un team di esperti italiani e britannici (Ciro Celsa, Giuseppe Cabibbo, Calogero Cammà del Policlinico di Palermo e David Pinato dell’Imperial College di Londra), pubblicato su *Jama Oncology*, ha offerto risultati significativi in questo senso.
L’indagine ha confrontato l’efficacia di diverse terapie disponibili per l’epatocarcinoma avanzato, analizzando un vasto dataset derivante da nove studi clinici che hanno coinvolto 6.425 pazienti.
La valutazione non si è limitata al semplice prolungamento della sopravvivenza, un parametro tradizionale negli studi oncologici, ma ha introdotto un elemento cruciale e spesso trascurato: la percezione della qualità di vita da parte dei pazienti durante il percorso di cura.
Questo approccio olistico ha rivelato che la combinazione di due farmaci immunoterapici, Atezolizumab e Bevacizumab, si posiziona nettamente al di sopra delle altre opzioni terapeutiche.
I risultati indicano che questa terapia combinata non solo offre un miglioramento significativo nella sopravvivenza globale, ma si distingue anche per la sua capacità di preservare, e in alcuni casi migliorare, la qualità di vita dei pazienti.
Questo aspetto è particolarmente importante, poiché l’epatocarcinoma, con le sue molteplici conseguenze fisiche ed emotive, può impattare profondamente il benessere dell’individuo.
L’innovazione dello studio risiede quindi nella sua visione integrata, che pone la qualità di vita al pari della sopravvivenza come obiettivo primario del trattamento oncologico.
Questo cambiamento di paradigma sottolinea l’importanza di considerare il paziente nella sua interezza, non solo come un insieme di parametri biologici da monitorare, ma come un individuo con bisogni, desideri e aspettative.
La Direzione Generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Palermo (Aoup), guidata da Maria Grazia Furnari, ha espresso grande orgoglio per i risultati ottenuti, riconoscendo l’eccellenza della ricerca scientifica e il contributo significativo del team di epatologi.
L’auspicio è che questo studio possa rapidamente tradursi in una revisione delle pratiche cliniche e in una maggiore attenzione alla personalizzazione delle terapie, garantendo ai pazienti affetti da epatocarcinoma un percorso di cura più efficace e umano.
La ricerca apre nuove prospettive per lo sviluppo di approcci terapeutici mirati, capaci di coniugare l’estensione della vita con il mantenimento di una buona qualità di vita.