La figura di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, pilastri della lotta alla mafia, emerge non solo per i risultati conseguiti, ma soprattutto per la solidità dei principi che ne hanno sorretto l’agire giudiziario.
A sottolinearlo è Giuseppe Di Lello, ex membro del pool antimafia di Palermo, testimone privilegiato di quel periodo cruciale per la giustizia italiana.
La professionalità impeccabile e, imprescindibilmente, l’autonomia della magistratura rappresentano, secondo Di Lello, i fondamenti su cui si è potuto costruire un’azione investigativa e processuale di tale portata.
In queste ricorrenze, momenti di memoria e riflessione, è essenziale respingere ogni tentativo di strumentalizzazione e forzatura interpretativa.
Di Lello rivolge in particolare una critica severa al progetto di riforma ministeriale promosso da Carlo Nordio, che introduce la separazione delle carriere giudiziarie.
La proposta, per essere giustificata, fa ricorso a un’operazione retorica ingannevole, attribuendo a Falcone l’appoggio a una soluzione che, in realtà, contrasta con la sua visione di una magistratura indipendente.
Il rischio, come evidenzia Di Lello, è quello di sottomettere i pubblici ministeri al controllo dell’esecutivo, compromettendo l’equilibrio dei poteri e l’effettività della lotta alla criminalità organizzata.
Tuttavia, la vera sfida odierna non risiede unicamente nella riforma istituzionale, quanto piuttosto nella necessità di estirpare i fenomeni di depistaggio che hanno macchiato le indagini, soprattutto nel caso di Paolo Borsellino.
Questi depistaggi, frutto di omissioni, silenzi complici e manipolazioni delle prove, hanno minato la credibilità della giustizia e impedito la completa verità dei fatti.
La ricostruzione di quella verità, lungi dall’essere un mero esercizio di memoria, rappresenta un imperativo morale e un dovere verso le vittime e verso la collettività.
Il pool antimafia di Palermo, guidato da Falcone e Borsellino, ha rappresentato un modello di impegno e di coraggio che continua a ispirare le nuove generazioni di magistrati.
La sua eredità non può essere compromessa da riforme ideologicamente orientate che rischiano di smantellare i principi fondamentali che ne hanno garantito l’efficacia.
Preservare l’autonomia della magistratura e garantire la trasparenza delle indagini sono condizioni imprescindibili per una lotta alla mafia che sia veramente incisiva e giusta.