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lunedì 17 Novembre 2025

Falcone: la sua memoria non è strumento politico.

L’eco delle discussioni sulla riforma della giustizia italiana risuona in questi giorni con un’intensità che genera profonda amarezza.
L’utilizzo strumentale del nome di mio fratello, Giovanni Falcone, nel dibattito sulla separazione delle carriere giudiziarie, mi appare come un’offesa, una distorsione della sua figura e del suo contributo.
È inaccettabile che la sua memoria venga inglobata in narrazioni che lui stesso non può né validare né confutare.
Giovanni Falcone non è un’entità astratta da poter essere manipolata per supportare tesi politiche o ideologiche.

La sua eredità, la sua visione della giustizia, il suo impegno per la legalità, si manifestano nei suoi scritti, nelle sue azioni, nel suo lavoro meticoloso e coraggioso.

Queste sono le fonti autentiche per comprenderlo, non ricostruzioni apocrife o interviste inesistenti che vengono infangate sul terreno delle speculazioni.
La separazione delle carriere, tema centrale della riforma, solleva questioni complesse e delicate che meritano un’analisi rigorosa, priva di sensazionalismi e di strumentalizzazioni.
Giovanni Falcone, nel corso della sua carriera, ha affrontato le problematiche del sistema giudiziario con lucidità e profondità.
Ha denunciato le inefficienze, le lentezze, le debolezze che ne compromettono l’efficacia.
La sua esperienza sul campo, la sua conoscenza del mondo delle indagini e dei processi, sono un patrimonio inestimabile che dovrebbe guidare la riflessione, non essere un pretesto per alimentare polemiche sterili.
La riforma della giustizia non può prescindere da una riflessione approfondita sui valori che hanno ispirato l’azione di Giovanni Falcone e dei suoi colleghi.
Il coraggio, la competenza, l’integrità, la determinazione nel perseguire la verità, sono qualità imprescindibili per chiunque operi nel sistema giudiziario.

La separazione delle carriere, se attuata in modo responsabile e lungimirante, potrebbe contribuire a rafforzare questi valori, garantendo maggiore autonomia e specializzazione ai magistrati inquirenti.
Ma è fondamentale evitare derive che possano compromettere l’unità del sistema giudiziario e la sua indipendenza.

La memoria di Giovanni Falcone non è un’arma da brandire in una battaglia politica.

È un faro che illumina il cammino verso una giustizia più equa, più giusta, più efficiente.
È un monito a non dimenticare le vittime della mafia, a combattere la criminalità organizzata con tutte le risorse a disposizione, a tutelare i valori della legalità e della democrazia.
È un impegno a costruire un futuro in cui nessuno possa più sentirsi offeso o dimenticato.

E questo, credo, sarebbe il modo migliore per onorare la sua memoria.

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