La sentenza del Tribunale di Marsala ha segnato una tappa significativa nell’operazione volta a disarticolare le strutture di supporto alla latitanza di Matteo Messina Denaro, condannando Antonino e Vincenzo Luppino, rispettivamente di 42 e 37 anni, a sei anni di reclusione ciascuno per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena.
I due, figli di Giovanni Luppino, autista personale del boss e arrestato con lui nel gennaio 2022, si sono trovati al centro di un processo complesso, che ha gettato luce sulle dinamiche di una rete di protezione meticolosamente costruita attorno al latitante.
L’accusa, guidata dal procuratore aggiunto Bruno Brucoli, aveva inizialmente prospettato una richiesta di ben 12 anni di carcere per ciascun imputato, riconoscendo in loro un ruolo cruciale nel mantenimento del potere e della capacità operativa di Messina Denaro.
L’impianto accusatorio si fondava sulla presunzione di un sostegno prolungato e diversificato, che andava oltre la semplice assistenza logistica, configurandosi come un contributo attivo al mantenimento delle funzioni di vertice dell’organizzazione criminale.
Il Tribunale, pur riconoscendo la gravità delle azioni compiute dai Luppino, ha optato per una pena inferiore, escludendo la loro responsabilità per concorso esterno in associazione mafiosa.
Questa assoluzione, pur attenuando la portata della condanna, non inficia la constatazione di un legame profondo e consolidato con Cosa Nostra, elementi che hanno portato a definire i due fratelli come “fiancheggiatori” dell’organizzazione.
L’arresto di Giovanni Luppino, insieme a Messina Denaro, fuori dalla clinica La Maddalena, ha rappresentato un punto di svolta nelle indagini, aprendo la strada all’esame delle relazioni e dei meccanismi di supporto che hanno garantito al capo dei mandorlati la possibilità di sfuggire alla giustizia per oltre vent’anni.
La sentenza nei confronti dei figli sottolinea l’importanza di investigare e perseguire non solo i vertici dell’organizzazione mafiosa, ma anche coloro che, a vario titolo, contribuiscono a garantirne il funzionamento e la capacità di operare al di fuori della legge, creando un sistema di protezioni che ne ostacola l’arresto e la condanna.
Il caso Luppino evidenzia, inoltre, la necessità di comprendere e disarticolare le complesse dinamiche familiari e sociali che spesso costituiscono il tessuto connettivo di queste reti criminali, dove la lealtà e l’obbedienza si tramandano di generazione in generazione.
