L’ombra del delitto Mattarella, un’eco persistente nel tessuto della memoria collettiva, riemerge ora attraverso il racconto di Bruno Contrada, figura apicale della polizia di Stato palermitana per oltre due decenni.
La sua testimonianza, deposta in un contesto di indagini in corso che vedono coinvolto l’ex prefetto Filippo Piritore, getta nuova luce su un caso che ha segnato profondamente la storia italiana.
Contrada, novantacinquenne con una lucidità sorprendente, nega di essere stato direttamente coinvolto nelle indagini immediatamente successive all’omicidio del Presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella, avvenuto nel 1980.
Afferma di non essere stato presente nel luogo del delitto in via Libertà, e sottolinea di non essere mai stato interrogato dalle procure coinvolte nelle nuove inchieste.
La sua carriera, costellata di ruoli chiave all’interno della polizia – dalla Mobile alla Criminalpol, fino al ruolo di capo di gabinetto dell’alto commissario per la lotta alla mafia – gli ha permesso di osservare da vicino l’evoluzione delle strategie mafiose e le dinamiche interne alle istituzioni.
Un elemento cruciale emerso è la questione del guanto rinvenuto nell’auto utilizzata dai sicari, un dettaglio che, a quanto pare, non era noto a Contrada fino ad ora.
Questa omissione solleva interrogativi sulla completezza delle indagini iniziali e sulla possibilità di informazioni non condivise o volutamente occultate.
La figura di Filippo Piritore, oggetto di indagine, è descritta da Contrada come un collega con cui ha avuto rapporti puramente professionali.
Nega qualsiasi amicizia personale, escludendo visite reciproche a domicilio e la conoscenza della moglie di Piritore.
Questa distanza emotiva contrasta con le accuse di collusione che gravano sull’ex prefetto, alimentando il mistero che avvolge il caso Mattarella.
Contrada ricorda con affetto i suoi compagni di lavoro alla Mobile, evocando nomi come Boris Giuliano, Tonino De Luca e Vincenzo Speranza, figure emblematiche del contrasto alla mafia che hanno perso la vita in circostanze tragiche.
Sottolinea come Piritore non abbia mai ricoperto ruoli subordinati a lui all’interno della Mobile, supportando la sua affermazione con una fotografia che ritrae tutti i funzionari della squadra, escludendo la presenza di Piritore.
Successivamente, il suo percorso professionale lo ha portato al coordinamento interprovinciale delle operazioni di polizia criminale in Sicilia occidentale.
L’enigmatica annotazione relativa al “battesimo” del 2 marzo 1980, rinvenuta in un’agenda di Contrada, viene interpretata come un’iscrizione potuta essere fatta anche da personale di servizio.
Contrada spiega di aver conservato le sue agende con l’intenzione di scrivere un libro sulla mafia, sottolineando che la sua partecipazione a eventi sociali e cerimonie, anche di agenti di grado inferiore, era una consuetudine.
L’assenza di ricordi specifici riguardo al presunto battesimo non implica necessariamente un’implicazione illecita, ma lascia aperta la possibilità di un contatto tra Contrada e figure legate agli ambienti criminali.
La testimonianza di Bruno Contrada, pur offrendo elementi utili per ricostruire il quadro degli eventi, non fa altro che ampliare le zone d’ombra che ancora avvolgono il delitto Mattarella, un caso che continua a sollecitare un’indagine approfondita e trasparente per fare piena luce su tutte le responsabilità e i collegamenti che hanno contribuito a una delle pagine più dolorose della storia della lotta alla mafia.








